A Palo Alto, in California, hanno sede numerose aziende del calibro di Facebook e Amazon - oltre a centinaia di start up che tentano di diventare veri e propri colossi nel proprio settore. Realtà comuni in quelle zone, in cui però si trova anche una piccola caffetteria in centro città, la Tuts Bakery and Café.
Se vi trovaste da quelle parti e capitaste dentro questo piccolo locale, ordinando un caffè e una fetta di torta con molta probabilità, trovereste Hakan Sukur a servirvi. E se per caso foste di nazionalità turca - oppure amanti del calcio - rimarreste certamente sorpresi. L’ex attaccante infatti, diventato eroe nazionale dopo la conquista del terzo posto con la sua Turchia ai mondiali di Corea e Giappone nel 2002, ora è il co-proprietario di questo piccolo paradiso del break lavorativo tra le palme e gli aranci del sud della California.
In patria Hakan Sukur è sempre stato adorato come un re grazie agli oltre 200 gol segnati in carriera con la maglia del Galatasaray - la squadra più amata e seguita dai turchi. Da “toro del Bosforo”, come veniva affettuosamente chiamato dai tifosi, si è trasformato in “toro del Pacifico”. Ma per sua stessa ammissione, molti dei suoi nuovi vicini di casa non sanno quasi chi sia e perché sia così famoso: “Una volta un mio vicino è entrato nella caffetteria e alcune persone, avendomi riconosciuto, si stavano facendo un selfie con me. Il vicino mi chiese il perché, visto che non sono neanche un tipo particolarmente bello…”, si legge sul New York Times.
Questo aneddoto rende chiara la dimensione di anonimato in cui Sukur sta vivendo. Eroe in patria, persona comune in America. Cappellino e occhiali scuri servono solo per proteggersi dal sole e dal caldo californiano, non certo dai paparazzi. La scelta di volare dall’altra parte del mondo lasciandosi tutto alle spalle è stata sofferta e quasi obbligata, a causa di alcune vicende politiche che hanno sconvolto la Turchia nel 2015 - quando lui, oltre ad essere una divinità calcistica era anche un politico membro del parlamento entrato in rotta di collisione con il Presidente Tayyip Erdogan.
Vista la situazione ha così deciso di cambiare vita, portando con sé la sua famiglia. Ora l’ex calciatore che ha vestito anche le maglie di Torino, Inter e Parma, si considera un immigrato qualsiasi che cerca di realizzare il suo “American Dream”, come qualsiasi altro sognatore. Il visto gli scade nel 2020 e spera che il governo americano gli conceda la tanto ambita Green Card per poter restare a Palo Alto dove vuole aprire a tutti i costi una Academy sportiva, come avrebbe voluto fare in Turchia.
Ora come ora vede pochi spiragli per il ritorno in patria, ma la Turchia gli manca da morire. E al suo paese manca lui. Un sentimento reciproco, come è giusto che sia, tra uno stato amato e l’eroe calcistico con cui hai lottato e gioito insieme ad altre migliaia di persone.
Riccardo Despali