Giovanni Federico ha il ciuffo ben curato, perché in Germania i parrucchieri sono aperti da una decina di giorni e lui ne ha approfittato subito. Si fida solo delle mani del suo amico Antonio, con cui condivide l'accento napoletano. Papà Mario lavorava in fabbrica e negli anni '60 decise di lasciare Pompei per trasferirsi ad Hagen, in Westfalia, la zona più operaia del paese. Per tanti anni la Ruhr è stato il cuore della produzione di carbone e di acciaio, per questo Borussia Dortmund e Schalke 04 sono da sempre le squadre dei lavoratori. Origine comune, rivalità accesissima: "E' come Milan-Inter - ci racconta Giovanni - anche se si tratta di due città diverse". Dortmund-Gelsenkirchen, una trentina di chilometri nel mezzo. Sabato, alle 15:30, la Bundesliga ripartirà proprio da lì: "Il calcio è un'industria, doveva ripartire anche per salvare i tanti posto di lavoro che offre". Ma sarà un derby diverso, avverte Giovanni: "La partita sembra quasi messa in secondo piano. La gente è più curiosa di vedere se le regole verranno rispettate o meno. Qui ci sono ancora delle chiusure, la polizia ti può fermare per strada per controllarti. Ai tifosi, per esempio, non sarà permesso neanche di radunarsi fuori dallo stadio. In questo caso la squadra di casa rischierebbe la sconfitta a tavolino".
Il suo derby
La Germania sarà il primo grande campionato europeo a ripartire dopo lo stop imposto dal Coronavirus: "Avremo miliardi di occhi puntati addosso", ha fieramente ribadito Rummenigge. Un po' la stessa cosa capitata anche a Giovanni Federico nell'estate del 2007. Qualche mese prima era stato l'uomo della promozione del Karlsruhe, portato in Bundesliga a suon di gol. 19 in totale, quanto basta per vincere la classifica cannonieri: "Mi volevano in tanti e arrivò anche l'offerta del Borussia Dortmund. Io ero nato e cresciuto a 10 chilometri dallo stadio, volevo tornare a casa dai miei genitori e da mia moglie. Il primo allenamento fu a porte aperte e c'erano più di 15mila persone. Stavo vivendo un sogno". Con lui anche Weidenfeller, Hummels, Kovac e Blaszczykowski. L'esordio? Il 18 agosto del 2007, proprio contro lo Schalke 04. Entra al 65' e un minuto dopo Nelson Valdez segna, ma il Borussia perde 4-1: "Loro erano più forti e noi avevamo anche tanti assenti. Al ritorno infatti ce la giocammo fino in fondo". Sei mesi dopo lo Schalke vince ancora, ma al 90'. 3 a 2, nel mezzo il gol di Giovanni che batte un certo Neuer. Non succede tutti i giorni.
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DI NATALE E LA BATTUTA SU KLOPP
Il derby della Ruhr smuove perfino gli animi composti dei tedeschi: "La gente ti carica quando ti incontra per strada, ti augura buona fortuna", svela Giovanni, che contro lo Schalke debuttò in Bundesliga nel 2003: "Entrai a dieci minuti dalla fine e perdemmo 2-1 con un gol al 93' su deviazione", sorride. Una maledizione, insomma. Accanto a lui giocava Podolski, che tre anni dopo avrebbe pianto proprio a Dortmund: "Il mio cuore batte sempre per l'Italia, il Mondiale del 2006 lo ricordo ancora. Il giorno dopo la vittoria in semifinale sulla Germania andai ad allenarmi, perché avevamo già iniziato la preparazione. Io e un altro mio compagno italo tedesco ci siamo divertiti con scherzi e battute". A Berlino, teatro del trionfo, Giovanni nel 2008 perderà la finale di Coppa di Germania contro il Bayern. Tutta colpa della doppietta di un altro italiano, cioè Toni: "Dopo la premiazione abbiamo chiacchierato per un quarto d'ora - ricorda - già in campionato ci eravamo scambiati la maglia". Stessa scena ripetuta in qualche amichevole anche con Buffon e Di Natale, che scherza su Klopp: "Mi disse che con quel taglio di capelli gli ricordava Nino D'Angelo", sorride.
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NAPOLI NEL CUORE
Già, Klopp. Arriva a Dortmund nel 2008, preludio di anni trionfali. Giovanni però non è nei suoi piani, gioca solo qualche minuto e a gennaio torna al Karlsruher: "Non rientravo fra i primi 15 o 16, ero deluso. Poi però successivamente l'ho rivisto due o tre volte perché abitava a due passi da me e ci siamo abbracciati come se niente fosse. E' buono, proprio come appare in tv". Giovanni oggi ha 39 anni e tre figli, tutti maschi: "I due più grandi fanno gli attaccanti, quello più piccolo il difensore". Durante il lockdown giocava con loro nel giardino di casa e risfogliava l'album dei ricordi. In campo indossava la 8: "Ma il mio idolo è sempre stato Maradona, il più forte di sempre. Che belli gli scudetti con il Napoli nell'87 e nel '90, la città era tutta azzurra". Gli mancano il mare, il calore e il cibo del sud. In Germania ha fondato un'accademia per regalare settimane di svago ai bambini e ha iniziato una carriera da procuratore: "In campo ho sempre rispettato tutti, ora nessuno mi chiude la porta in faccia". Sabato, fra i miliardi di occhi puntati su Borussia-Schalke, ci saranno pure i suoi. Fra nostalgia e voglia di normalità. Finalmente ci siamo.
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