“La vì, la vì”; “la vedi, la vedi”: a distanza di 1021 anni il grido dei baresi risuona ancora vibrante tra le onde del Mar Adriatico. E probabilmente riecheggia lungo tutta la costa orientale dell’Italia: circa 800 km, fino ad arrivare sulle sponde della laguna veneta. L'eco è diventato nei secoli un vero e proprio ponte tra civiltà, quelle di Bari e di Venezia. A unire le due città, oltre l’Adriatico e prima ancora delle tante sfide calcistiche - tra cui quella che si giocherà sabato 25 novembre in Serie B -, c’è una storia millenaria, fissata in un unico giorno: quello dell’Ascensione. Dalle parti di Venezia la festa è chiamata “Sensa”, a Bari la “Vidua Vidue”, una simpatica alterazione ereditaria di quel grido lanciato quando le flotte della repubblica marinara liberarono il capoluogo pugliese dall’assedio dei saraceni. E in segno di riconoscimento, per i baresi la festa popolare e religiosa ha acquisito in alternativa il nome di “Saluto a Venezia”, a dimostrazione di come mille anni dopo esista ancora quel ponte costruito sull’altruismo e la riconoscenza.
Bari, Venezia e la Vidua Vidue
Passeggiando a Barivecchia tra gli stretti vicoli di quartiere, i mattoni in calce bianca e i tipici archi bassi, è possibile recarsi dove vive ancora una delle testimonianze di questa storia. Si tratta della Cattedrale di San Sabino, sita nello stesso luogo in cui dall’847 al X secolo sorse invece una moschea. Erano gli anni in cui Bari divenne un emirato arabo, continuando a essere vittima delle razzie dei saraceni anche dopo la prima liberazione dell'871 a opera di Ludovico II.
A cambiare tutto fu una stella. O almeno così racconta la tradizione popolare, a metà tra realtà e mito. “È caduta in mare, presto saremo salvi!”: dalla torre del monastero di San Benedetto, padre Gerolamo interpretò quell’evento avvenuto nel giorno dell’Ascensione (15 agosto del 1002) come un segno divino. Et factum est ita. A distanza di poche settimane, il 6 settembre arrivarono proprio loro: i veneziani, su una flotta di circa 100 navi guidata da Pietro Orseolo II. “La vì, la vì”: finalmente l’avevano vista.
Altruismo e fratellanza: le memorie della liberazione conservate per la Puglia
Se Bari fu sempre considerata come una città d’assedio per i popoli orientali, lo stesso non si può dire per Venezia, tra le più grandi potenze marittime - coloniali ed economiche. E la forza di quel popolo era tutta nel rispetto e nell’altruismo, qualità che i baresi (all’epoca bizantini) apprezzarono fin da subito. Prima di tutto i veneziani, consci del potenziale militare di quella che sarebbe diventata 85 anni dopo la terra di San Nicola, coccolarono la città e i suoi abitanti. Dopo mesi di assedio, Bari ricevette una notevole quantità di viveri, e le sue truppe vennero messe al sicuro. Il successivo 18 ottobre, la città pugliese vinse finalmente la battaglia contro i bizantini - un’impresa impossibile senza l’aiuto dei veneziani - e fu resa ai saraceni.
Le testimonianze di riconoscenza da parte dei baresi sono incise ancora oggi in una spelonca sull’isolotto di Sant’Eufemia, di fronte al porto di Vieste, dove la flotta veneziana sostò in attesa di assediare l’emirato arabo. “Entrò in questo porto Messer Pietro, Doge dei Veneziani e dei Dalmati, con cento navi pronte alla guerra contro i Saraceni che opprimevano Bari e combatté contro quelli: alcuni aveva ucciso, altri aveva messo in fuga…”.
E a Bari cosa è rimasto? Al centro di un triangolo immaginario composto dalla Basilica di San Nicola, la Cattedrale e il Fortino di Sant'Antonio, nella città vecchia c'è la Chiesa di San Marco dei veneziani, costruita su una struttura bizantina. Ricordi su pietre ed incisioni, come quella in via delle antica Mura, dedicata proprio a Venezia, che per ricambiare diede il nome "Bari" alla banchina dei magazzini generali. E nel capoluogo pugliese le loro colonie hanno vissuto per centinaia di anni: a testimonianza di ciò sono presenti tra le vie baresi tanti edifici in stile veneziano, come il Palazzo Fizzarotti. Se da una parte la "Vidua Vidue" barese - storicamente inaugurata ogni anno proprio in via Venezia dopo tre colpi di cannone - è stata cancellata dopo più di nove secoli nel 1968, per poi tornare in chiave diversa nel 2014, la festa della Sensa è ancora oggi un punto di riferimento della tradizione popolare di Venezia.
Bari-Venezia, 1000 anni dopo
È trascorso appena più di un millennio e questa volta Bari e Venezia si incontreranno di nuovo. Non su un campo da guerra, dove sono stati fratelli, ma su quello dello Stadio San Nicola, dove si daranno ancora battaglia, come accaduto la scorsa stagione. Una situazione che si è ribaltata rispetto a pochi mesi fa: questa volta è la squadra di Vanoli a inseguire il sogno di una promozione diretta, trovandosi al secondo posto, a soli due punti dal Parma capolista. Insegue, invece, il Bari di Marino, costretto a fare i conti con un avvio di campionato a rilento. Dopo gli 8 punti ottenuti nelle ultime quattro partite, la sfida al Venezia potrà dire molto sulle ambizioni dei biancorossi. Già 19 anni fa i due club si incontrarono in un crocevia fondamentale, diventato negli anni un capitolo importante della loro storia: i playout di Serie B della stagione 2003/04, quando nel doppio incontro andata e ritorno il Bari fu condannato alla retrocessione in Serie C, venendo successivamente ripescato.
Il mare divide e unisce. È ciò che è accaduto ai due popoli, prima ancora che ai due club. Geograficamente distanti, ma legati da una storia millenaria di tradizioni, rispetto e riconoscimento. Quello che Bari ha per Venezia questa volta verrà messo da parte: ci sono obiettivi da raggiungere, prima di tutto per le rispettive piazze, discendenti proprio da quelle popolazioni. Da qualche parte, però, tra i tanti cori e inni del San Nicola, forse una voce riecheggierà ancora: “la vì, la vì”.
Fonti:
Bari, la Puglia e Venezia (V. Bianchi, C. Gelao)
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