Non capita tutti i giorni. Mettere d'accordo un'intera nazione soltanto grazie al peso del talento. Immenso quello di Roberto Baggio, campione ammirato sempre e comunque. Da tutti, nessuno escluso. Emozionante: rivalità calcistiche che vengono meno, potere di un campione a tratti inarrivabile. Stagione da protagonista assoluto con il Bologna: 22 gol, il massimo in carriera e chiamata ai Mondiali in tasca. Di nuovo, dopo quel maledetto rigore di USA '94: "Quando a Bologna abbiamo saputo che sarebbe arrivato Baggio eravamo tutti in fermento - racconta a GianlucaDiMarzio.com Oscar Magoni, compagno in rossoblu -. Vederlo allenarsi tutti i giorni era uno stimo ed allo stesso tempo è stata una goduria, un'esperienza favolosa. Sono stato davvero fortunato. Ha subito dimostrato di avere voglia di trascinare tutti, spostando gli equilibri come solo lui sapeva fare. E conquistò i Mondiali mettendosi in gioco con molta umiltà in una realtà come Bologna, nonostante qualche problema con Ulivieri".
Diretto Roby. E umile: "Lui era la nostra ciliegina sulla torta - continua Magoni -. Ed era a disposizione di tutti. Una volta vincevamo 3-0 con il Piacenza e venne a prendere la palla nella mia zona, a centrocampo davanti alla difesa. Gli dissi 'Roby, che fai qua? Vai più avanti che servi più lì, qui ci penso io'. Nemmeno 15' dopo prese il pallone, superò 3-4 avversari e segnò. Gli andai vicino e gli dissi 'Hai visto che avevo ragione?'. Era un giocatore meraviglioso, al primo posto nella storia del nostro calcio. Il mio idolo era Gianni Rivera, ma l'ho visto relativamente poco. Poi ricordo Domenghini, bergamasco come me, Savoldi. Del Piero e Totti, con cui ho avuto il piacere di giocare contro. Ma Roby me lo sono goduto tutti i giorni e sono riuscito a vedere com'era lui in campo e fuori. Un vero numero uno".
Tempo di tornare con una grande, dopo Juventus e Milan la leggenda veste anche il nerazzurro.
Roby Baggio e l'Inter, un amore sbocciato nell'estate del 1998 e destinato a regalare emozioni vere. Rammarico sì, per quello che sarebbe potuto essere ed invece non è stato. Ma anche lampi di classe purissima e sprazzi di genio. Tutti rimasti impressi in maniera limpidissima, anche nella mente di Fabio Galante. Pochi dubbi, tanti sorrisi ed un album pieno di ricordi per l'ex difensore - adesso direttore sportivo del Chiasso, in Svizzera -, che con Baggio ha condiviso l'esperienza in nerazzurro quasi vent'anni fa, nella stagione '98/99: "In campo Roby aveva un'intelligenza superiore agli altri. Sia rispetto a tutti i compagni con cui ho giocato, sia rispetto agli avversari che ho incontrato nel corso della mia carriera - racconta Galante ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com -. Già un attimo prima che si sviluppasse l'azione sapeva sempre cosa fare. E anche quando pensavano di poterlo marcare a uomo, lui si dimostrava sempre più furbo. La sua presenza era per tutti una sicurezza, sapevi perfettamente che, da un momento all'altro, sarebbe stato in grado di cambiare tutto. Lui il più forte calciatore italiano con il quale o contro cui ho giocato? Il nostro era un periodo d'oro, quando si parla di giocatori come Roby, Totti, Del Piero, Maldini, Cannavaro, Nesta o Buffon è difficile dire chi sia stato il più forte. Di certo, per quello che ha fatto, se non è stato il migliore ci va molto molto vicino".
50 anni di talento. Mai una parola fuori posto, sempre il consiglio giusto per il compagno. Trascinatore all'interno dello spogliatoio, serissimo e riservato fuori dal mondo calcio. "Più che quella mostrata in campo, nota a tutti, ricordo la sua forza caratteriale, la forza d'animo. Qualcosa di incredibile, davvero - aggiunge Galante -. Veniva spesso dalle mie parti a farsi curare dal suo fisioterapista di fiducia per quelle maledette ginocchia, che secondo me lo hanno fatto smettere prima del dovuto o comunque lo hanno limitato tantissimo, soprattutto nelle ultime stagioni quando aveva un male cane. Era uno che non mollava mai, pur essendo di poche parole. Nonostante questo nello spogliatoio era un simpatico, parlare con lui era veramente piacevole. Però non uscivamo spesso insieme: lui giustamente era molto legato alla famiglia, io frequentavo di più altri compagni. L'ho incontrato poi da avversario ed anche in situazioni extra calcio. E pur non essendo spesso in contatto c'è sempre grande affetto. Credo sia una conseguenza normale, in quell'Inter ci volevamo tutti un gran bene, eravamo davvero un grande gruppo".
Proprio in quell'Inter Baggio giocò una delle sue più grandi partite in Champions League. 25 novembre 1998, la sfida per i nerazzurri è contro il Real Madrid campione in carica. A metà del secondo tempo entra lui. E a San Siro si accende la luce: "Quella partita me la ricordo eccome, dovevamo vincere per forza. Segnò prima per noi Zamorano, poi pareggiò Seedorf - ricorda ancora emozionato Galante -. Baggio non giocava dall'inizio, ma secondo me Gigi Simoni all'epoca lo gestiva benissimo: un po' come è successo poi a Del Piero e Totti, quando le cose non andavano bene l'opinione pubblica diceva che sarebbe servito lui. Appena Roby entrò capimmo che quella sera avrebbe potuto fare di tutto. Fece due gol, battemmo il Real e ci portò per mano al turno successivo. Indimenticabile. Eravamo felicissimi, l'atmosfera a San Siro era straordinaria, peccato non aver potuto festeggiare troppo perché tre giorni dopo avremmo dovuto giocare un'altra partita importante". E dopo le emozioni da compagni, le sfide da avversari.
Nell'album dei ricordi che lega Fabio Galante al 'Divin Codino' anche un aneddoto simpatico. Scontri di gioco e colpi proibiti, ma alla fine dei conti 'Vietato arrabbiarsi con una leggenda'. "Era la seconda giornata del campionato 2001/02, io ero al Torino e lui al Brescia - conclude l'ex difensore -. A fine gara si guadagnò un rigore per una mia scivolata, ma in realtà a farmi male fui io: mi arrivò una sua ginocchiata tremenda sullo zigomo. E a toccarmi sento ancora la fossettina! E' stata una delle volte in cui mi sono fatto più male, mi sarei potuto arrabbiare tantissimo. Ma in realtà non fu così: il colpo me lo aveva dato Roberto Baggio, mica uno qualunque...". Anche da questi piccoli particolari si può percepire ciò che veramente è stato Baggio. Tanti auguri, Roberto!