Mancini fa sorridere l'Atalanta: dal meleto al gol alla 'sua' Inter
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Data: 11/11/2018 -

Mancini fa sorridere l'Atalanta: dal meleto al gol alla 'sua' Inter

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La storia di Gianluca Mancini, giocatore dell'Atalanta di fede interista con Materazzi come idolo, autore del suo terzo gol nelle ultime quattro partite proprio nella vittoria della Dea contro l'Inter
La storia di Gianluca Mancini, giocatore dell'Atalanta di fede interista con Materazzi come idolo, autore del suo terzo gol nelle ultime quattro partite proprio nella vittoria della Dea contro l'Inter

Un interista con Materazzi come idolo e il numero 23 tatuato sulla pelle che segna all’Inter. Sconfiggendola. Regalando allo stesso tempo la quarta vittoria consecutiva alla sua Atalanta, con tre gol segnati nelle ultime tre. Da difensore. Col 23 anche sulle spalle, Gianluca Mancini si gode il suo momento d’oro. Per buona pace di Matrix… Diventato suo idolo nel 2006 quando Gianluca, ad appena 10 anni, passava le giornate incollato alla tv a seguire l’Italia che sarebbe diventata da lì a poco campione del mondo.

A quei tempi il piccolo Gianluca aveva iniziato appena da qualche anno a giocare a calcio. Precisamente nel 2003 quando, durante una festa paesana a Montopoli in provincia di Pisa, l’allora allenatore del Valdarno Calcio, Giuseppe Aurilia, incontrò la famiglia Mancini e, indicando Gianluca, di soli 7 anni, chiese come mai quel bambino non giocasse ancora a calcio. Giovanni, il padre, spiegò che per lui era ancora troppo piccolo ma l’allenatore non volle sentire scuse: O me lo portate voi o vengo a prenderlo io. Questo bambino deve giocare”. Da quel momento non si separò mai dal pallone e, spesso, costringeva la sorellina a fare il portiere in una porta disegnata su un muro dell’azienda di famiglia.

I Mancini sono noti per la produzione di mele al cui raccolto, qualche volta, anche Gianluca stesso partecipava. Dal campo di mele di famiglia si accede direttamente a quello della prima società di calcio in cui mise piede il difensore dell’Atalanta, tanto che a volte il ragazzo tornava a casa passando dal meleto, senza nemmeno togliersi gli scarpini.

Iniziò come centrocampista e presto il suo talento venne notato dalla Fiorentina. Dopo aver superato il provino con la viola ci volle una notte intera di riflessione prima di decidere se fare il grande salto o no. Zia Stefania insisteva per farlo andare, mentre il padre era più titubante. Gianluca alla fine decise di accettare le avances della Fiorentina e iniziò il percorso che l’ha portato oggi ad essere un titolarissimo all’Atalanta. Ma non senza sacrifici.

Toccava a mamma Claudia accompagnarlo agli allenamenti e attenderlo prima di tornare a casa. A farle compagnia la figlia minore nel passeggino. Poi, quando Mancini divenne più grandicello, iniziò a muoversi in treno facendo su e giù da Montopoli dove ancora oggi torna spesso per far visita agli amici del Bar Fantasy.

Alla Fiorentina si fece largo prendendo spunto sempre dal suo idolo Materazzi, quel difensore goleador che faceva del coraggio e della grinta i propri punti di forza. A 16 poi anni decise di rendere noto il proprio modello calcistico tatuandosi il 23 sulla pelle, accompagnato dal tatuatore da papà Giovanni, compagno di tante partite vissute a San Siro a tifare l’Inter, passione condivisa un po’ da tutta la famiglia Mancini.

Per uno strano scherzo del destino, Mancini al primo anno da professionista finì a giocare nella Perugia, dove proprio Matrix è diventato grande. Lo storico massaggiatore del club, Luchini, vide il 23 tatuato e capii subito il perché. Prese il telefono e mandò un messaggio all’ex bandiera nerazzurra. Il giorno dopo arrivò allo stadio una maglia numero 23 con dedica. Poi, ancora un'altra dopo le prime gare disputate, insieme ad un invito per conoscersi. Il ragazzo non stava più nella pelle e, una volta presentatosi a Materazzi, si fece raccontare un milione di curiosità e aneddoti.

Anche Mancini, proprio come il suo idolo, è diventato grande a Perugia. Tutto merito del ds Roberto Goretti, abile a prelevarlo praticamente a gratis da una Primavera stellare come quella della Fiorentina in quel periodo, dove a rubare la scena era Federico Chiesa e in difesa il più quotato era un certo Nicolò Gigli, ora al Rieti in C. La Fiorentina non credette abbastanza nel giocatore ora all’Atalanta, ma si tenne un cinquanta per cento sulla futura rivendita.

L’Atalanta dopo appena 12 partite da titolare in B decise di puntarci forte investendo circa un milione di euro, con 500 mila quindi finiti poi nelle tasche viola. Un nonnulla se si pensa al valore attuale e potenziale del giocatore. Quell’interista con Materazzi come idolo e il 23 tatuato sulla pelle che, con il suo terzo gol nelle ultime quattro, ha sconfitto proprio l’Inter facendo sorridere la sua Atalanta.



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