Abascal, dalla Masia alla Svizzera: giovane fuoriclasse della panchina
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Data: 08/09/2018 -

Abascal, dalla Masia alla Svizzera: giovane fuoriclasse della panchina

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29 anni, secondo allenatore più giovane nelle prime divisioni europee: la storia di Guillermo parte da...attaccante mancato. A raccontarcela è direttamente lui, dopo aver vissuto i tempi della Masia insieme a Iago Falque e Jordi Alba: ciò che gli ha cambiato mentalità e vita, portandolo alla panchina del Lugano. Sognando l'Italia...
29 anni, secondo allenatore più giovane nelle prime divisioni europee: la storia di Guillermo parte da...attaccante mancato. A raccontarcela è direttamente lui, dopo aver vissuto i tempi della Masia insieme a Iago Falque e Jordi Alba: ciò che gli ha cambiato mentalità e vita, portandolo alla panchina del Lugano. Sognando l'Italia...
strong>Sentirti grande anche quando sei piccolo. Fortuna non comune a tutti: soprattutto a chi, almeno per qualche mese nella propria vita, ha vissuto il privilegio di far parte di uno dei più importanti centri sportivi a livello giovanile in Europa. La storia di Guillermo Abascal Pérez parte dalla sua Siviglia, città in cui l’allenatore del Lugano ha presto scoperto l’amore per il pallone: il pensiero calcistico, pur in giovanissima età, è invece ormai consenziente preda di quel mondo Barcelonista di cui ha fatto parte per due anni e mezzo, scoprendo un mondo unico al fianco di chi in futuro si sarebbe espresso ad alti livelli.

La Masia come svolta nella vita professionale: Barcellona e il Barcellona capaci di cambiare obiettivi, mentalità, futuro. Perchè… ”Vedere più da vicino, quando giocavo con Iago Falque, Jordi Alba, Giovani Dos Santos e stavo a due passi da Messi e Fabregas, ha reso tutto diverso”. Frase ovvia per molti: non però per chi, attualmente, risulta il secondo allenatore più giovane nel primo campionato di ogni paese europeo, dopo aver lasciato il calcio a 19 anni. 13 aprile 1989 sulla carta d’identità e voglia di imparare e vedere il pallone rotolare…da bordo campo, basandosi tanto sull’empatia: elementi che ci hanno portato a conoscerne la storia più a fondo e più da vicino. Scoprendo perchè, 15 anni dopo quell’esperienza determinante, Abascal figura come uno degli allenatori più promettenti nel panorama mondiale.

Més que…una experiencia


"Giocavo in attacco, ma ero il meno bravo tra loro (ride ndr). Ma avendo dietro Giovani Dos Santos, Iago Falque (con cui sono rimasto amico) e Jordi Alba era facile giocare. Facevo la sponda per loro…”. Eppure Barcellona ha rappresentato l’inizio di una nuova vita, partita pochi anni prima: “Ho iniziato a giocare a calcio a 6 anni e a 12 anni mi è arrivata la proposta per giocare alla Masia: ovviamente un sogno, ho accettato subito - racconta Abascal ai microfoni di Gianlucadimarzio.com - e ho speso là due anni e mezzo, per me il periodo più importante nella mia vita, utile ad avermi fatto imparare e vedere il calcio in un modo diverso. E’ stata un’esperienza pazzesca, quando dicono che sono més que un club è davvero così: hanno una metodologia ed un’ideologia dalla quale o sei dentro o sei fuori, e se sei fuori sei lontanissimo da loro. Là ci ho messo tanto, ho fatto una fatica enorme: nel gruppo dei nuovi arrivati allora eravamo 5 calciatori andalusi più Giovani Dos Santos, e abbiamo fatto una fatica incredibile a capire l’1-2 e la creazione e l’occupazione dello spazio. Cose che per certi ragazzi a 13 anni erano naturali, per noi erano le cose più complesse del mondo”.

Fatica che fai anche a realizzare che, in più di un’occasione, chi compare a pochi passi da te è uno dei tanti (ma non troppi) esempi di campione: “Ciò che mi ha colpito di quel periodo era quanto vicini fossimo alla prima squadra, come società: mi svegliavo al mattino, aprivo la finestra e sotto passavano Ronaldinho, Eto’o, tutti i giocatori del Barça…eravamo sempre vicino a tutto. Puyol, Xavi e Iniesta una volta alla settimana andavano alla Masia, pranzavano con noi”.

E il futuro occhio da allenatore di Abascal non ha tradito soprattutto in un caso: “Si vedeva che Jordi Alba sarebbe diventato forte. C’è una storia che conosce chi ha solo giocato con lui: era tra i più intelligenti nella Masia a livello calcistico, e giocava come “10”, una mezzapunta alle mie spalle. Non aveva mai giocato in altri ruoli, e mai mi sarei aspettato potesse diventare un terzino del genere come lo è stato al Valencia, al Barcellona e in Nazionale: sono stato colpito fortemente da questa cosa. Quando giocava con me era alto 1,50m e aveva poco fisico, ma aveva una comprensione del gioco altissima per l’età che aveva: e i giocatori che hanno tantissima qualità possono giocare in qualsiasi squadra. In più ho visto “crescere” Messi: lui, al contrario di gente come Piqué e Fabregas andata a giocare in Premier, è rimasto per migliorare sempre più e arrivare in prima squadra subito. Lo vedevamo a scuola con noi: per studiare studiava poco (ride), ma a livello calcistico era già un dio…”.





La svolta: Uni…ed Emery





"Prima di andare al Barcellona, mi avevano bocciato al provino, e successivamente sono finito a giocare lì. Ma non ho più trovato la motivazione giusta, perchè quando si parla di Barcellona parli di una scuola di calcio diversa, di giocatori intelligenti, con comprensione alta del gioco: mi sono ritrovato ad aver a che fare con questo. A Siviglia invece ho trovato un calcio di grinta, di lanci lunghi, di seconde palle, vedere il calcio in altro modo: prospettive differenti sulle quali rifletti a livello di ciò che ti possa piacere di più o meno, che mi hanno fatto capire un po’ tutti i modi di lavorare”.

Da lì, la definitiva decisione e svolta: “Smisi di giocare perchè non trovavo la motivazione: il Siviglia sarebbe poi cresciuto tanto dal 2008 in avanti a livello di gioco, società e cantera…ma a 19 anni ho deciso di optare per l’università e per Scienze Motorie: successivamente ho fatto i corsi di allenatore. Ero un po’ in debito con la mia famiglia perchè mio padre mi ha seguito sempre, e mi sono messo in discussione: alla fine il Siviglia mi ha dato l’opportunità di entrare a lavorare alla cantera, e sono stato là per 5 anni, facendo di tutto. Preparatore atletico prima, allenatore in seconda poi, lavorando anche nel dipartimento di analisi tattica come analista e per due anni nello staff di match analysis di Unai Emery. Tutto sommato mi hanno regalato una bella esperienza, imparando tante cose anche fuori dal campo e portandomi ad essere ciò che sono ora”. Con la Svizzera nel destino…



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