Avevo vent’anni, i capelli lunghi e un pallone per compagno di viaggio. Non ai piedi eh, troppo scarso per pensare o sognare di giocare a chissà quali livelli. Ma nella testa, sì: il papà allenatore, ecco come nasce la passione di raccontare agli altri quel mondo misterioso ma affascinante. Il mio 1994, come dimenticarlo.
Una data: 28 maggio, la mia prima volta. Stadio Silvio Appiani, quello di Nereo Rocco, un catino infernale. Padova-Palermo, la partita. Con Galderisi e Bonaiuti, Mareggini e Favo. Io abitavo nella città del Santo da pochi anni, studiavo giurisprudenza ma volevo fare il giornalista. Mi chiama Andrea Lodato, un amico e collega siciliano, chiedendomi di fare qualche collegamento radio-televisivo nel suo programma durante le partite, Antenna Sicilia il canale. Avrei dovuto fare una sorta di cronaca al telefono, qualche minuto ogni tanto, soprattutto in caso di gol. Finì 0-0, iniziò così la mia avventura.
Ricordo ancora le emozioni di quell’inedito “e adesso ci colleghiamo con Gianluca Di Marzio da Padova, come sta andando la partita?”, il cuore che batteva a duemila e le prime frasi balbettate. Conservo ancora il VHS di quella puntata in un cassetto pieno di polvere, custodisco gelosamente in testa quei momenti, quell’occasione. Da quel giorno, non so quante partite ho visto o commentato, non ne tengo il conto, eppure cuffia e microfono mi appassionano sempre come la prima volta, più della prima volta. 29 maggio 1994, non seguivo la politica e leggevo già solo i giornali sportivi. Non sono cambiato, ho 45 anni e aspetto la prossima partita come una puntata di una fantastica serie tv che spero non finisca mai.
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