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Il rimpianto Empoli, quel “bacio” maledetto e la delusione Parma. Fanucchi, simbolo della Lucchese: “Sogno la B, poi mi vedo allenatore. Sarri il mio modello”

Sono passati ben 18 anni dall’ultima apparizione in Serie B della Lucchese, il tutto condito da due fallimenti nel giro di quaranta mesi. Una vera e propria batosta, che avrebbe messo in ginocchio un po’ tutti. Ma si sa, l’orgoglio dei lucchesi è forte ed è così che fra le storiche mura della città si decide di ripartire da zero. E lo si fa bene, dall’immediata promozione in Serie D nel 2012 ai playoff dello scorso giugno per un posto in B, sfumato proprio sul più bello. A caricarsi la squadra sulle spalle è Jacopo Fanucchi, trequartista naturale e anche ala all’occorrenza. Età da veterano ma, soprattutto, la voglia di un bambino. 36 anni a dividersi fra Serie D e tanta Lega Pro, con una bella possibilità, poi sfumata, nell’Empoli di Aglietti per provare la scalata verso la A dalla porta principale: “Ma non ero pronto – racconta Jacopo in esclusiva a Gianlucadimarzio.com – avevo 28 anni, era l’unica opportunità per giocare in certe categorie, ma la colpa è solo mia. Purtroppo non sono arrivato in ritiro al top fisicamente e rimettermi al pari degli altri è stato molto difficile. E’ stata una corsa continua verso una forma che, però , non arrivava mai”. Ma la grandezza sta anche nell’accettare l’errore e nel riuscire a voltare immediatamente pagina. Arrivano così i 9 gol in 14 partite nei sei mesi passati al Pisa, le stagioni felici in una società ambiziosa come l’Alessandria, le due annate con Cuneo e Prato e, infine, l’avventura che probabilmente Jacopo sognava fin da bambino: “Giocare con la maglia della Lucchese, la squadra della mia città, è bellissimo. Aver avuto la possibilità di poterla portare in Serie B ancora di più, ma purtroppo non ce l’abbiamo fatta”.

Già, il sogno della Lucchese si infrange solo ai quarti di finale contro la corazzata Parma, che poi quei Playoff li vincerà anche. 180’ di lotta, corsa, grinta, gioia e lacrime, con Fanucchi che nella gara di andata al Tardini si ritrova ad esultare, pazzo di gioia, sotto il settore ospiti dopo il rigore del momentaneo vantaggio: “Quella contro il Parma è stata la sconfitta forse più dolorosa della mia carriera – ammette sempre ai nostri microfoni – la delusione, ancora oggi, è tanta, anche se abbiamo fatto qualcosa di eccezionale. Riportare quasi 10 000 persone allo stadio per sostenerci è stato motivo di grande orgoglio per ciascuno di noi, adesso non ci resta che ripartire e riprovare a toglierci certe soddisfazioni”. Sì, perché il calcio è una palla che gira. Oggi ridi e domani piangi, ora sei all’inferno mentre domani sarai in paradiso. Questione di punti di vista, questione di… tempo: “Sì, anche se l’età qui continua ad avanzare – scherza Jacopo – personalmente spero ancora nella promozione, anche se bisogna essere realisti e ammettere che quest’anno ci sono squadre molto più attrezzate, che hanno speso molto più rispetto noi. Il nostro obiettivo rimane quello di raggiungere quanto prima la soglia salvezza dei 40 punti, poi proveremo l’assalto ai playoff. Siamo un gruppo dal valore morale incredibile e questo, delle volte, conta più dei soldi. Lo abbiamo dimostrato giusto domenica scorsa, contro l’Alessandria”. La speranza, dunque, è l’ultima a morire e non potrebbe essere così per Jacopo Fanucchi (già 4 i gol stagionali) che l’amore della sua gente ha dovuto conquistarselo giornata dopo giornata, gol dopo gol: “Sì, non è stato sempre così semplice qui. Durante la mia avventura a Pisa affrontai la Lucchese, segnai e, preso dalla gioia, corsi sotto i miei tifosi avvicinandomi la maglia alla bocca. Non fu proprio un bacio, ma comunque la gente di Lucca non la prese bene, anzi…”. Tanti i fischi e i cori contro Fanucchi nel momento del suo arrivo, ma Jacopo non si è perso d’animo: “Sinceramente non immaginavo che ci volesse così tanto tempo per farmi perdonare – ammette – oggi non si sentono più fischi e cori contro di me, ma qualche tifoso diffidente c’è sempre. Il mio obiettivo è quello di dare tutto ogni domenica e farmi perdonare non a parole ma con i fatti”.

Però adesso, caro Jacopo, bisogna pensare anche al futuro, a cosa farai da “grande”: “Beh, alla fine il calcio è la mia unica passione. La mia intenzione è quella di rimettermi la cartella sulle spalle e andare a studiare a Coverciano per un futuro da allenatore. Il mio modello è Sarri, la massima espressione del calcio italiano. Mi piacerebbe avere un domani la possibilità di osservarlo un paio di volte da vicino e poi, magari, iniziare con i più giovani”. Già, i giovani talenti, quelli da cui il calcio italiano dovrà ripartire dopo la clamorosa mancata qualificazione al Mondiale: “E’ una sconfitta di tutti, deve far riflettere. Bisogna ripartire da chi è rimasto, come Insigne, e dai più giovani, perché i vari Nesta, Del Piero, Totti e Pirlo non ci sono più e vanno ricostruiti. L’approccio al calcio dei grandi è diverso, perché ti trovi davanti a gente esperta e più grossa. Però se un giovane è bravo lo si vede subito. Baroni della Lucchese ne è un esempio. Ha solo bisogno di continuità e di esperienza”. E fra i talenti di un domani ci potrebbe anche essere un altro Fanucchi, il figlio di Jacopo che adesso ha 8 anni: “Gioca nell’Atletico Lucca, proprio la squadra in cui ho cominciato anche io. Se mi assomiglia? No, niente affatto: lui è molto veloce, io invece vado piano piano (ride n.d.r)”