Hierro: dallo scambio d’identità al Mondiale da ct della Spagna
Lo scambio d’identità con il fratello, ora è ct della Spagna a un giorno dall’inizio del Mondiale: la storia di Fernando Hierro
Da assistente a commissario tecnico di una delle nazionali favorite per la vittoria del Mondiale. Un salto grande, enorme, soprattutto se arrivato a soli due giorni dall’esordio della Spagna in Russia. Una sfida difficile per tanti ma che solo uno come Fernando Hierro può accettare con la convinzione di farcela.
La sua storia d’altronde è piena di grandi cambiamenti, di adattamenti forzati e di salti nel vuoto da cui è sempre uscito vincitore. A Vélez-Málaga, il suo paesino nel sud dell’Andalusia, lavorava in un’officina di autoricambi oltre a dedicarsi alla passione per il calcio, sport di famiglia come testimoniano le carriere del padre e dello zio nella squadra locale, e quella di uno dei suoi tre fratelli nelle principali serie del calcio spagnolo.
Hierro, un cognome diventato improvvisamente pesante, nonostante non dovesse neanche essere quello con cui farsi conoscere al mondo. Perché Fernando e i suoi fratelli, si sarebbero dovuti chiamare Ruiz come papà Manuel, ma all’interno della comunità in cui sono cresciuti la famiglia è sempre stata chiamata con l’apellido della madre: Hierro, per l’appunto.
Un cognome che ha creato non pochi problemi dopo che Fernando e suo fratello Manolo sono diventati calciatori di grande livello e con fortissime aspettative, tanto da attirare l’interesse di Real Madrid e Barcellona. Manolo è il fratello più grande e per primo si affacciò al grande calcio. Finì al Valladolid, distantissimo dalla sua casa malagueña, ma non abbastanza per impedire a Fernando di raggiungerlo pochi mesi più tardi.
E lì successe il misfatto. Real Madrid e Barcellona si sfidarono sul mercato per comprare Manolo Hierro: grazie a una spesa molto importante la spuntò il Barça del presidente Gaspart, aiutato dal segretario tecnico del club Ramón Martínez, un personaggio chiave di questa storia. Ma l’Hierro più grande fu tradito dall’arrivo di Johan Cruijff, che decise di metterlo ai margini della rosa rendendo la sua esperienza culé fu un sostanziale fallimento. “Per farlo giocare devono infortunarsi tutti i giocatori che ha davanti. E sono tanti” disse la leggenda olandese prima di fargli iniziare una serie di prestiti in giro per la Spagna.
Ma appena un anno più tardi Ramón Martínez passò al Real Madrid e come prima mossa di mercato acquistò proprio Fernando Hierro, il più forte dei fratelli, una cosa che forse sapeva solo lui. I dubbi rimangono ancora tanti: forse una semplice casualità, forse un errore innocente o forse una mossa premeditata per portare a Madrid l’Hierro giusto.
E il resto poi, è storia. Fernando Hierro è diventato una leggenda del Real Madrid e del calcio spagnolo: ha giocato meravigliosamente da centrocampista prima di trasformarsi in uno dei migliori liberi europei. Un difensore con una particolare predilezione per il gol, tanto da segnare 102 volte con la maglia del Real e 29 con quella della Spagna. Un po’ nello stile dei suoi eredi che si ritroverà ad allenare in questo Mondiale: Sergio Ramos e Piqué, due che sono fenomenali in entrambe le aree di rigore.
Ora una nuova sfida, forse la più coraggiosa della carriera. Più di quando rinunciò volontariamente alla nazionale in seguito all’eliminazione del 2002, più di quando scelse di allontanarsi dai grandi riflettori per giocare in Qatar. D’altronde lui è uno che nella vita sa cambiare ruolo: lo ha fatto da calciatore passando dal centrocampo alla difesa, lo fa da dirigente passando da membro dello staff a commissario tecnico. Con la speranza che il risultato sia lo stesso.
Simone Gamberini