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Gilardino: “Da piccolo ero appassionato della Juventus. Idoli? Diventavo matto per Hübner”

Una carriera ricca di emozioni, soddisfazioni, gioie. Bomber girovago, in cerca sempre di nuovi stimoli. Alberto Gilardino, attualmente al Palermo, ha riavvolto il nastro ai microfoni di Rivista Undici: “Non ho rimpianti, dico solo grazie: per tutto quello che mi è stato dato, per la possibilità di giocare ad altissimi livelli. Grazie soprattutto a mia moglie e alle mie bambine, che sono fondamentali, ogni giorno, per continuare a vivere. Il calcio è stato la mia passione fin dai due, tre anni. Mio padre lo praticava, ma a livello amatoriale. Lui e mia madre mi hanno supportato nelle scelte e hanno fatto sì che potessi esaudire questo sogno. A casa mia, o eri del Toro o della Juventus: io ero appassionato della Juve, andavo a vedere Baggio, Möller, Vialli. Poi è normale che questa cosa un po’ è svanita, giocando per sedici anni contro di loro, anche se alla Juve non ho segnato molti gol… I miei idoli? Batistuta, Vialli. E poi diventavo matto per il grandissimo Dario Hübner, collezionavo le figurine, tutte quelle cose là”.

“Le tante esperienze? Per la persona che sono, nel momento in cui non sento più la fiducia del primo giorno, mi faccio da parte – ammette – Dico: è ora di cambiare, provare un’altra avventura, ritrovare quella fiducia altrove. La fiducia da parte della società, dell’allenatore, dei compagni… la fiducia è determinante. Soprattutto per un attaccante.

Sull’esperienza in Cina, poi, Gilardino ha proseguito così: “Ho sempre sognato di fare un’esperienza in un campionato estero, ma non avrei mai immaginato la Cina. E’ stata un’esperienza formativa, come apertura mentale: vivi in un mondo completamente nuovo, la cultura cinese è così diversa da quella occidentale. Per me, mia moglie e le mie figlie è stato bellissimo. Il calcio è in evoluzione, là. Stanno arrivando giocatori, allenatori. Non si può nascondere che molto dipende dai contratti faraonici, ma in parte c’è un discorso tecnico”.

Sul futuro, infine: “Sono un calciatore giovane. C’è gente che ha quattro, cinque anni più di me, e sta giocando: questo mi tiene vivo, mi dà motivazioni. Credo di poter giocare ancora molto. Ho la stessa passione di quando ho iniziato, la stessa voglia di far gol, e finché avrò queste sensazioni continuerò. Sono sereno ma so che c’è sempre da dimostrare. Ogni giorno. Nel calcio devi sempre dimostrare di voler far bene. Da quando hai 17 anni a quando ne hai 33, è una rincorsa”.