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Bologna, Ferguson: “Dopo l’infortunio non è stato facile”

Ferguson – IMAGO

Dal “no” dei Rangers all’infortunio: Lewis Ferguson si racconta

Senza ombra di dubbio Lewis Ferguson è stato uno degli uomini copertina della storica qualificazione in Champions League del Bologna nella scorsa stagione.

Ma la sua stagione era finita in anticipo in aprile, quando si è procurato un grave infortunio ai legamenti del ginocchio, che lo hanno costretto fuori dal campo fino a novembre.

Il trequartista classe ’99 ha raccontato quel momento buio sulle colonne di Sportweek.

Tra i vari racconti, anche quello di un “no” dei Rangers, dove giocarono suo padre e suo zio, all’età di 14 anni. Di seguito le sue parole.

Bologna, Ferguson: “L’infortunio è stato pesantissimo”

Nonostante le grandi cose fatte in Italia, Ferguson è stato segnato da quel rifiuto dei Rangers in patria: “A 14 anni feci un provino proprio per i Rangers: mi scartarono, ero piccolino ma me la ricordo come una grossa delusione, visto il legame del club con la mia famiglia. Però probabilmente da quel momento è “nato” il Lewis di oggi: diventare un calciatore era il mio sogno; quindi, dal giorno successivo avrei dovuto dimostrare a tutti che lì si erano sbagliati. Quello shock l’ho usato come reazione motivazionale per essere ancora migliore“.

Il secondo momento buio poi è arrivato con l’infortunio della scorsa stagione: “Era il primo della mia carriera: le prime tre settimane sono state pesantissime, non mi potevo muovere, ricordo che la sera dopo l’intervento guardavo giocare Milan e Roma emi chiedevo se sarei potuto tornare a muovermi, scattare, correre, giocare in quella maniera lì. Fissavo la televisione dell’ospedale e mi si aprivano domande su domande. Vedevo quei ragazzi in campo, quelli coi quali gioco ogni settimana, e pensavo che sarebbe stata dura riprendermi e fare quelle movenze dentro una partita“.

Italiano, allenatore Bologna (IMAGO)
Italiano, allenatore Bologna (IMAGO)

Ferguson: “Quando sono rientrato ero triste”

Il ritorno in campo poi non è stato facile: “Dopo due-tre mesi, quando mi sono rimesso in campo per allenarmi e recuperare, ero soprattutto arrabbiato: con me stesso. Non mi sentivo lo stesso di prima, era tutto nuovo, dovevo avere pazienza e insistere ma ce l’avevo con… me. Se ho pianto? No. Ma ero triste, quello sì. Poi, poco alla volta tutto è tornato come prima“.

Infine, ha parlato del legame col Bologna e del sogno di tornare in Champions: “Qui, una famiglia. Se ripenso alla scelta che ho fatto tre anni fa, beh, dico che lo rifarei adesso, che non ho sbagliato una virgola. La mia decisione fu perfetta. La città? Adoro la gente, appassionata e allegra, Bologna è un posto speciale: in centro ci vado ogni tanto ma per me sembra quasi diventata casa. La Champions? Ci proviamo. Perché la Champions è di un altro livello e ha aiutato tutta la squadra, mentalmente e dal punto di vista gestionale e calcistico. Credere in questo Bologna è facile: oltre a essere una famiglia, tutti vanno nella stessa direzione, dalla stessa parte, uniti e tosti“.