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La paura, i libri e quella maledetta cena. Favalli: “Come ho battuto il Coronavirus”

“Ho un po’ di raffreddore ma per il resto sto bene, diciamo che sono quasi al 100%”. Parola di Alessandro Favalli, 27 anni, terzino sinistro della Reggiana. Ora sta bene, qualche giorno fa molto meno: è stato fra i primissimi calciatori italiani positivo al coronavirus. “Venerdì vado a fare un tampone di controllo, di solito si fa un paio di settimane dopo aver contratto il virus. Se è negativo poi dovrò farne un altro che certifichi la definitiva negatività”.

Insomma il peggio è passato, ma pensare al pallone è impossibile. E allora la mente ripercorre quei momenti: “Dopo aver saputo dei primi casi facevo sempre lo stesso percorso: casa-allenamento-casa. Sono uscito una volta sola, per una cena dai miei…c’erano anche parenti e fratelli. Due giorni dopo tutti abbiamo avuto i primi sintomi. Probabilmente il passaggio è stato lì, anche se non abbiamo certezze”. Numero d’emergenza, tampone e una chiamata indelebile: “Mi hanno ricontattato un paio di giorni dopo dicendomi che ero positivo”. Paura? “Per me no, per i familiari sì. Qualcuno era messo molto peggio di me, in tre sono stati portati in ospedale per essere ricoverati… adesso per fortuna stanno tutti meglio”.


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Giorni complicati, difficili da dimenticare. “Avevo una febbre quasi sempre fra il 37 e il 38, un forte mal di testa e un gran bruciore agli occhi. Medicinali? Soltanto la Tachipirina per la febbre… per il resto dovevo rimanere a letto tutto il tempo. In più c’erano degli operatori a monitorare la situazione al telefono e mia zia che è medico di base… sentivo anche lei. Poi sono stato fortunato perché ho avuto un decorso molto rapido, questione di due o tre giorni”.

Giorni passati nella sua casa a Cremona (dov’è tuttora), letteralmente barricato in camera: “Sono stato chiuso lì per due o tre giorni. Sveglia alle 8.30, colazione, un po’ di televisione e…studio. Ne ho approfittato per andare avanti con l’università, mi sono iscritto da poco, per ora ho dato un esame solo ma in questi giorni ho fatto passi avanti. Facoltà? Scienze motorie all’Università Telematica di Parma”. Testa sulle spalle e libri aperti, lui come la moglie, Miriam. Fa l’insegnante, e in questi giorni lavora alle lezioni online con gli studenti, ma gli è stata vicino più di tutti: “In casa ci vediamo ovviamente, ma cerchiamo di stare a contatto il meno possibile. Anche lei mi ha aiutato tanto”.


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E il mondo del calcio? “Quando è uscita la notizia della mia positività mi hanno scritto in tantissimi. Un messaggio inaspettato è stato quello di Damiano Tommasi… mi ha fatto un in bocca al lupo e gli auguri di pronta guarigione, ovviamente è stato un grande piacere.  Poi ci sono i compagni, sia gli ex che quelli di adesso, si sono fatti sentire tutti, subito”. Il campo, lo spogliatoio, il pallone: oggi sono solo un ricordo, ma in teoria c’è ancora tutto in finale da vivere, con la Reggiana seconda nel girone B di Serie C: “Con la squadra ci sentiamo ogni giorno su whatsapp, ci teniamo sempre tutti aggiornati. La società ha inviato a ognuno un programma di allenamento da seguire, anche se è chiaro che tornare a giocare sarà difficile… un mese di stop le gambe lo sentono”.

La voglia di giocare c’è, la passione è la stessa, ma testa e pensieri in questa fase vanno inevitabilmente in altre direzioni: “Pensare al calcio in questo momento è impossibile, anche se è la nostra vita. Ora penso davvero soltanto alla salute, mia e di chi mi sta attorno”. Già perché come dice Ale “il calcio è la nostra vita”, ma la nostra vita – di certo – è più importante del calcio.

A cura di Lorenzo Del Papa

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