Fabian Ruiz, diario dal Betis: alle origini del niño di Napoli
Siamo stati a Siviglia, nella Ciudad Deportiva Luis del Sol dov’è cresciuto Fabian Ruiz. Un quartiere residenziale pieno di alberi d’arancio nel sud della città. Sua madre arrivò nel 2004 proprio insieme a lui, e oggi lavora ancora lì
Vitor Malo è il primo ad arrivare al campo, ha il borsone sulle spalle ed è già vestito. Il centro sportivo è deserto e lui ci osserva curioso, occhi furbi come le idee. È arrivato prima dell’allenatore: “Gioco dietro – ci dice, un po’ timido – ma anche a centrocampo”.
Si nasconde dietro un sorriso imbarazzato, poi ci saluta e fila via, sparendo nel ‘vestuario’ biancoverde, dove perfino il lettino per massaggi ha i colori del Betis. Una scritta detta le regole: “Tenete pulito lo spogliatoio”. Un’altra la filosofia: “Cantera”. Vincente in tutta la Spagna, dal Siviglia al Betis, da Sergio Ramos a Fabiàn Ruiz. Ragazzi di ieri, soprattutto di qui, cresciuti tra Plaza de Toros e la Torre del Oro. Sanchez Pizjuàn e Benito Villamarin.
FABIAN RUIZ, CARTOLINE DAL BETIS
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Il nostro viaggio nel mondo di Fabian inizia da una porta rimasta aperta, e da un bambino di 10 anni. Sorride spesso, poi si fa serio: è arrivato il mister. In una mano ci sono i conetti, nell’altra il quaderno degli appunti. La speranza è di trovarne un altro come Fabian, el niño del Betis che oggi corre per il Napoli, anche se ha promesso di tornare: “Sogno di finire la carriera nella mia città”. Se la sua vita fosse un diario avrebbe l’ultima pagina occupata.
Sua madre lavora ancora nel centro sportivo, fa le pulizie, il Betis la ‘reclutò’ per non farsi scappare il figlio: aveva 7 anni, ma i genitori non avevano abbastanza soldi per portarlo da Los Palacios a Siviglia tutti i giorni. Doppio ingaggio quindi: Chari e Fabian, mamma e figlio, orgoglio del Betis.
DENTRO IL CENTRO SPORTIVO
Avenida de Italia detta la strada da seguire, stadio di casa e centro sportivo distano 600 metri l’uno dall’altro. Anche se arrivarci non è facile: autobus o taxi lungo l’Avveniva de la Palmera, Siviglia sud, dopo Plaza de España. Per scoprire il mondo Betis bastano pochi minuti a piedi, il contraltare della distanza dal Casco Viejo. Centro città: si trova nel quartiere di Heliopolis, case basse e bianche, un po’ Malta e un po’ Santorini. Come nelle isole.
C’è un senso di pace, lo store è aperto, ci dicono che la maglia più venduta è quella di Lo Celso. Prima di lui c’era quella di Fabian, il ragazzo cresciuto nella Ciudad Deportiva Luis del Sol, inaugurata nel ’97 e ristrutturata nel 2013.
Il silenzio è tipico di un ‘barrio’ residenziale, pieno di ambasciate e alberi d’arancio. Un colore che ci accompagna fino all’entrata del centro: cinque campi di calcio (due con erba artificiale), un piccolo stadio per la squadra B da 1300 posti, uno da calcio a 7.
Poi una palestra, una sala stampa, una piscina, gli spogliatoi tirati a lucido e i palloni della Liga. Tutto biancoverde, il colore del Betis e quello dei seggiolini di ogni impianto. Un marchio di fabbrica.
Nell’ultimo stadio, il più nascosto, puoi salire in tribuna e vedere il Villamarin, la casa madre dove un ragazzino mancino debuttò nel 2014 contro il Marbella diventando un esempio da seguire. Basta alzare la testa, lo facciamo anche noi. 600 metri di sogni, nella vita di Fabian, al profumo di alberi d’arancio.