Stop decreto crescita, come funzionano le agevolazioni fiscali all’estero?
Come funzionano i regimi fiscali per il calcio nei Paesi esteri? Ci sono agevolazioni? I casi di Spagna, Francia, Olanda, Belgio e Inghilterra
La mancata proroga del Decreto Crescita per il mondo del calcio rappresenta inevitabilmente un grande cambiamento per l’intero movimento, e avrà conseguenze dirette sulle mosse di calciomercato delle squadre italiane. La misura, in vigore in Italia dal 2019, non è stata inserita nella Finanziaria 2024, e nemmeno (com’era inizialmente previsto) nel decreto Milleproroghe, che avrebbe dovuto prorogare le agevolazioni fiscali per gli sportivi (a partire dai calciatori) in arrivo dall’estero.
Ma negli altri Paesi i regimi fiscali come funzionano? Ci sono agevolazioni per i club calcistici? Vediamo gli esempi di Spagna, Francia, Olanda, Belgio e Inghilterra.
La situazione dei regimi fiscali europei relazionati al mondo del calcio era già stata argomento di discussione del Parlamento dell’Unione Europea, in uno studio pubblicato nel 2021: “Tassare il calcio professionistico nell’Ue”. Da questo studio, peraltro, era emerso che il sistema italiano fosse uno dei migliori a incentivare l’arrivo di grandi calciatori dall’estero, grazie proprio al Decreto Crescita (qui tutto il funzionamento), che permetteva di un’esenzione dalle tasse pari al 50 per cento sulla base imponibile.
Secondo l’Ue, l’attuale situazione dei campionati europei produce una disparità, ma diversi Paesi hanno adottato varie norme in ambito fiscale per sostenere la competitività delle squadre. Partiamo dalla Spagna.
Agevolazioni fiscali nel calciomercato: come funziona in Spagna, Francia, Olanda, Belgio e Inghilterra
Dal 2004, nel Paese iberico, è stata in vigore la cosiddetta “Legge Beckham“, che prevedeva una tassazione ridotta con aliquota dal 43% al 24% per tutti i lavoratori stranieri in Spagna con introiti superiori ai 600.000 euro annuali. Prese questo nome proprio perché agevolò, tra gli altri, anche il trasferimento del fuoriclasse del Manchester United al Real Madrid. Questa misura, però, a partire dal 2015 non è più utilizzabile per i calciatori.
Casi virtuosi si possono invece trovare in Francia, Olanda e Belgio, in cui sono presenti diverse agevolazioni fiscali. In Ligue 1 chi non è residente da almeno 5 anni in Francia, su 1 milione di euro netti di stipendio, paga le tasse soltanto su 700mila euro, mentre i restanti 300mila non rientrano nell’imponibile fiscale. Nel campionato francese c’è inoltre il caso Monaco: chi va a vivere nel Principato gode di un regime fiscale estremamente favorevole.
In Olanda, invece, il 70% dello stipendio va in un fondo individuale e le tasse si pagano subito solo sul restante 30%. Solo a fine carriera si pagano annualmente le tasse sul fondo. Poi c’è il Belgio, che offre un incentivo fiscale alle società sportive “in relazione alla ritenuta alla fonte sui salari“: permette un risparmio dell’80 per cento sulla ritenuta a patto che la somma venga reinvestita dal club in attività come la formazione dei giovani calciatori.
Molto diverso il caso dell’Inghilterra, dov’è invece in vigore una tassazione differente tra lo stipendio effettivo corrisposto ai calciatori (che ha un’aliquota unica al 45%) e i proventi derivanti dalla cessione dei diritti d’immagine (aliquota al 19%). I secondi sono molto più convenienti, e negli anni si sono registrati molti casi di spostamento del corrispettivo dallo stipendio alla cessione dei diritti d’immagine. Queste mosse hanno ovviamente avuto conseguenze: il fisco britannico ha messo sotto inchiesta quasi 250 casi.