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Dalla Lazio di Cragnotti all’Udinese di Alexis: adesso il ‘vecio’ Pinzi vuole la B col Padova

A Udine era il ‘gladiatore’, a Brescia lo chiamavano tutti ‘comandante’. E a Padova? “Potrei essere il… vecio! Si dice così in veneto, no?”. Promosso! Come in campo, d’altronde, perché avrà anche 36 anni ma tanto vecchietto non sembra, Giampiero Pinzi. “Corri per quattro!” gli urlano i tifosi. Sarà forse il… peperoncino? “Adesso non lo coltivo più. Avevo una mini-serra ai tempi di Udine, lampade e lampadine tra lavanderia e cantina, e la qualità non è mai mancata con prodotti top, tra i più piccanti al mondo. Qualche compagno di squadra gradiva, qualcuno meno, come Muriel che mi prendeva per matto. Se ho mai fatto scherzi particolari? Solo mio figlio ai suoi amici: per poco non sputavano fuoco come dragoni. Adesso qui, a Padova, no, non ho nessuna serra”. Ma la squadra va eccome, con un rendimento costante e sempre tra le prime. “Nun ce lamentiamo” replica lui, con accento romano. E poi svela un segreto. “Chiedimi tutto ma non un commento sulla classifica perché non si capisce niente! Sei primo ma non sei primo, sei quarto ma in realtà secondo. Non guardiamola e pensiamo al campo. Padova deve stare minimo in Serie B. Minimo. In C siamo ai limiti del professionismo”.

Pinzi al Padova quasi all’improvviso, quando nemmeno lui ci credeva più. Vero? “Direi di si. Il 30 settembre sembrava fatta poi nelle 24 ore successive non è successo più nulla. Fino alle 8/9 di sera dell’ultimo giorno di mercato nessun contatto, tant’è vero che ero uscito a cena con degli amici, a Verona, in grande serenità”. Poi la chiamata che non ti aspetti. “Sbrigati, vieni, corri in sede”. Pinzi sale in macchina e via, a tutta velocità verso questa nuova sfida. “Ho corso parecchio! Alla fine ho firmato negli ultimi 15 minuti disponibili”. A un passo dal gong finale del mercato estivo.

E proprio all’Euganeo di Padova, Giampiero Pinzi, ha debuttato in Nazionale: era il 30 marzo 2005, un’amichevole contro l’Islanda. Con Lippi CT. “Un’emozione che ti resta dentro per tutta la vita. Un onore aver difeso la maglia azzurra. Peccato non aver avuto altre occasioni”. Ma di (altre) soddisfazioni in carriera se n’è tolte eccome, a partire dall’indossare la maglia della squadra per cui ha sempre fatto – e tutt’ora fa – il tifo. Un indizio? Il tatuaggio che gli ricopre la schiena: un’aquila. Un’aquila gigante. La sua Lazio. “Ricordo ancora i miei primi allenamenti con la Prima squadra…. un sogno! La Lazio di Cragnotti con Favalli, Nesta, Pancaro, Marchegiani, Fernando Couto. E poi Simeone, Mihajlovic. Una visione, credimi. Mesi prima andavo in Curva a sostenerli quei giocatori lì”. L’aneddoto. “Il mio esordio in Champions, a Kiev, davanti a 80 mila persone. Un casino. Entro e per un pelo segno pure. In zona mista mi passano un telefono e io sai che rispondo? ‘Pronto?’. Era una radio romana che voleva intervistarmi ma non ci avevo capito un bel niente. Ero stordito dall’adrenalina”. Il più forte con cui abbia giocato: “Di quella Lazio dura. Mancini? Veron? Simeone o Nesta? Troppo difficile. Non saprei”. Anche se “si vedeva che il Cholo sarebbe diventato un grande allenatore, che personalità che aveva. Ma quello era un gruppo di uomini dal grande carisma. Quante scintille! Soprattutto in allenamento dove non si tirava mai indietro il piede”. Nemmeno la sua Udinese se la passava poi così male. “Alexis il più forte. Ma anche Handanovic, Benatia, Zapata, Isla, Cuadrado e Basta… mica male! Abbiamo raggiunto grandi risultati. Totò? Non lo sento più tanto, ho perso un po’ i contatti”. Il retroscena riguarda Armero ed è parecchio divertente. “Al check-in di Glasgow non gli fecero passare una crema al metal detector. Così corse in bagno e decise di spalmarsi l’intero tubetto diventando tutto bianco”. Geniale. “Un personaggio”. Ma anche Pinzi ha le sue, chiamiamole passioni. “Vivo con un pitone e un’iguana in casa, sono i miei animaletti. Ho anche un cane, per mia figlia. Fortunatamente ho lasciato Udine altrimenti avrei allestito uno zoo”. Dentro il cassetto poche le maglie ricordo. “Maldini, Ronaldinho, Puyol”. Tutti avversari che ha sfidato. “Ma non marcato! Quelli li riempivo di calci, mi sembrava brutto chiedergli anche la maglietta a fine partita”. Uomo vero e giocatore leale, Giampiero Pinzi. Gladiatore. Comandante. Il ‘vecio’ che sogna la B con il Padova.