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Dalla laurea al (quasi) gol ad Anfield, Mendicino si racconta: “Lazio gioia e dolore della mia vita”

Si sa, le storie non hanno necessariamente un lieto fine. L’esordio, i successi, l’illusione e poi… ‘il finale lo immaginavo diverso’. Protagonista della storia? Ettore Mendicino. Professione attaccante, ora al Cosenza in Lega Pro, con quella straordinaria capacità di andare in gol. Partito dalla Lazio, lanciato da Delio Rossi nel grande calcio. “Lì ho vissuto due anni importanti – ha raccontato Mendicino a GianlucaDiMarzio.com – con una Coppa Italia vinta ed un grande campionato. Non dimenticherò mai l’esordio in Serie A, contro la Fiorentina. Ero lì pronto per sostituire Pandev, prendemmo gol da Gilardino e pensai di non dover entrare più. Ma Delio Rossi mi diede comunque fiducia, anziché Pandev però fece uscire Ledesma”. Ma questo cambio di sostituzione non è l’unico retroscena legato al suo esordio in Serie A. “Sì, perché per portarmi in panchina Rossi lasciò in tribuna Simone Inzaghi. Infatti lui me lo ricorda sempre. Ma avevamo un rapporto straordinario, ridevamo e scherzavamo spesso. E i suoi successi attuali non mi sorprendono, già in campo era allenatore. Poi aveva una grande personalità ed ha fatto cose importanti anche nel settore giovanile”.

Di quella Lazio, Mendicino, era uno dei talenti più promettenti: classe ’90 e grandi qualità, che impressionarono da subito Delio Rossi. Che già dal pre-campionato gli diede fiducia, dandogli spazio in amichevoli prestigiose. “Giocai ad Anfield, contro il Liverpool di Gerrard, Kuyt, Carragher e del vero Fernando Torres. Alla fine segnai anche di testa su un cross di Zarate, l’arbitro però mi annullò quel gol ingiustamente. Ma fu comunque un’esperienza bellissima”. Finì male, però. Il motivo? “Ho avuto un rapporto burrascoso con Lotito. Tornai alla Lazio con Petkovic, dopo tre anni in prestito in Serie B a Crotone, Ascoli e Gubbio e sei mesi a Taranto in Lega Pro. Ma rimasi fuori rosa con Foggia, Sculli, Matuzalem e Zarate. E a 21 anni non fu una cosa bella, anche perché avevo parecchio mercato. Ebbi anche dei problemi e fu importante in quella fase la figura del mio mental coach”. Ma senza rimpianti. “Quegli anni mi hanno formato, mi hanno aiutato a diventare uomo. Ma posso dire che la Lazio sia stata gioia e dolore della mia vita”. I mesi fuori rosa a Roma, però, non hanno lasciato Mendicino a mani vuote. Anzi, l’attaccante si è dato un nuovo obiettivo: la laurea! Sì, avete capito bene… “Mi sentivo un pochino perso in quel periodo. Facevo allenamento sì, ma la partita è un’altra cosa. Tre anni prima avevo tanto, in quel momento non avevo niente. Dovevo darmi degli obiettivi e allora m’iscrissi all’università. E mi sono anche laureato, in Scienze della Comunicazione. Mi tengo stretto questa laurea, un percorso che ho intrapreso anni e fa e che negli anni sono riuscito a portare a termine”.

Lazio capitolo chiuso dopo i mesi fuori rosa? Niente affatto. Perché poi Mendicino una piccola rivincita con Lotito se la prese qualche anno dopo, alla Salernitana. “In granata sono stato due anni – racconta – vincendo una Coppa Italia di Lega Pro e riportando poi questa fantastica società in Serie B dopo tanto tempo. Una piazza da Serie A, vincere davanti a 30 mila persone in questa categorie non è una cosa di tutti i giorni. Con Lotito poi mi sono riappacificato in quegli anni alla Salernitana ma non ho mai nascosto che, se da una parte la Lazio mi ha permesso di affacciarmi al grande calcio, dall’altra mi ha penalizzato nella crescita”. Dopo Salerno l’avventura a Siena di due anni, con la parentesi all’Arezzo. E da gennaio una nuova, stimolante, esperienza al Cosenza. Con un sogno play-off da realizzare, anche grazie ai suoi gol: “Quest’ipotesi è nata proprio nell’ultimo giorno di mercato, a Siena ero anche capitano ma purtroppo le ambizioni non erano le stesse d’inizio stagione e ho deciso di lasciare. Cosenza è una piazza con grande tradizione, a me piace giocare in questi ambienti caldi. Purtroppo, da quando sono arrivato, i risultati non sono dei migliori ma in questo finale di stagione vogliamo conquistarci un posto nei play-off”.

Mendicino nel calcio ne ha vissute di esperienze. Ma anche fuori non scherza. Il calcio come sogno, gli hobby però lo hanno sempre accompagnato nel suo percorso. “Mi piace la musica, suono bene il pianoforte e suonicchio la chitarra. Poi amo viaggiare, appena posso giro tanto con il mio amico Luca Tremolada dell’Entella, un altro calciatore che meriterebbe molto di più perché ha qualità immense”.

Il suo viaggio, nel mondo del calcio, è ancora lungo. Ettore Mendicino sa che, a 27 anni, c’è tanta strada da percorrere. “E dentro di me sogno ancora di chiudere la mia storia nel grande calcio…”: questa volta sì, con un lieto fine.

(foto ilcosenza.it)