“Da ragazzo andavo in curva, c’erano Aquilani, Godeas e Moscardelli: idoli”. Triestina, l’amore di Petagna
“Se chiudo gli occhi rivedo tutto”. Legame forte quello tra Andrea Petagna e Trieste, dove nonno Francesco è diventato una bandiera del club della città, la Triestina. “Solo dopo la sua morte ho iniziato a capire chi fosse, quanto aveva dato a quei colori” – dichiara Petagna nel corso di un’intervista concessa a La Gazzetta dello Sport – “I miei genitori non volevano giocassi a pallone. Hanno provato con nuoto e tennis, ma il richiamo del calcio è stato fortissimo. In casa cercavo sempre qualcosa che mi parlasse della Triestina. Purtroppo non abbiamo una maglia originale di quegli anni. Però ho tante foto, alcune bellissime. In una ci sono due capitani che si stringono la mano prima di Triestina-Juve: Petagna e Boniperti. Ci facevamo rispettare in quei tornei. Mi piacerebbe sapere da Fabio Capello, Edy Reja oppure Osvaldo Bagnoli come era nello spogliatoio della Spal, che ricordi hanno di quel tecnico. Era mio nonno”.
Il ritorno a Trieste, nel 1971, non fu dei migliori: “E’ stata quella parentesi a spaventare i miei genitori. Il club era in condizioni disastrate, appena retrocesso in D e senza soldi. Mio nonno comprò pure i palloni. La squadra conquistò la promozione e l’anno dopo viaggiava nelle zone basse. Dopo un pari i tifosi contestarono duramente, vennero persino sotto casa. Papà vide piangere come un bambino il nonno. Quell’episodio lo segnò tantissimo, ma l’amore per il club si fece più forte. E lo ha trasmesso a me. Da ragazzo andavo in curva e cantavo fino a perdere la voce. Era la stagione di Aquilani a centrocampo più Godeas e Moscardelli in attacco. Idoli. Mi dispiace, invece, aver lasciato Trieste per inseguire il mio sogno. “Quello è raccomandato”, dicevano tutti. E papà mi portò fuori città quando ero Esordiente. Arrivato al Milan, stesse voci, forse perché mio nonno era stato compagno di Cesare Maldini. Insomma, mi facevano pesare il cognome. Un problema loro, per me è un orgoglio. Vedere la Triestina in C è un dolore e spero possa ritrovare presto la A. Nonno ne sarebbe felice. Se mi avesse visto debuttare tra i professionisti… Se chiudo gli occhi eccolo lì, così alto… Davvero, se Capello mi parlasse un po’ del suo vecchio allenatore…”.