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“Così si gioca solo in Paradiso…”. Bologna piange la morte di Ezio Pascutti, eroe dello scudetto del ‘64​

La foto che rimarrà nell’immaginario collettivo è quella che lo ritrae in tuffo con Burgnich proteso a colpire un pallone che come sempre finirà in rete. A 79 anni Ezio Pascutti se n’è andato per sempre e con lui un altro pezzo della storia del Bologna e in particolare di quella squadra che “così si gioca solo in Paradiso”. Il suo nome è legato alla società rossoblù nella quale finì a 17 anni, arrivando dal Torviscosa. Neanche 20enne, arriva l’esordio e subito il primo gol: nei suoi 14 anni sotto le Due Torri, Pascutti collezionerà 296 presenze e 130 gol. Nel suo curriculum anche 8 reti in 17 apparizioni in Nazionale, ma purtroppo la sua avventura in azzurro, a torto, è legata alla manata rifilata a Dubinsky nel corso di una sfida valida per gli Europei a Mosca contro l’URSS. Da lì in avanti la sua fama di giocatore fumantino lo perseguita anche in Italia e questo non rende giustizia a un uomo generoso sempre messo duramente sotto torchio dai difensori avversari. Mai banali le sue reti, spettacolari, in acrobazia: Pascutti era l’ala guizzante, ma anche l’attaccante che sui calci d’angolo vedevi lontano un attimo prima e un momento dopo lo ammiravi gettarsi nella mischia e prendere il tempo agli avversari. L’attore comico Giorgio Comaschi, tifosissimo rossoblù, ricorda come mentre compiva il gesto tecnico sul suo volto si dipingesse una sorta di ghigno: “Facile ridere dopo aver segnato un gol, molto più difficile farlo mentre si stava cercando di farlo”. Con lui il Bologna arrivò allo scudetto nel 1964 ma purtroppo un infortunio gli impedì di essere tra i protagonisti in campo nello spareggio all’Olimpico contro l’Inter. Poco male, quello scudetto era suo anche grazie agli 8 gol segnati in stagione, non certo comunque la sua migliore in maglia rossoblù. La sua vita calcistica termina presto, a 31 anni: l’ex bomber cerca di intraprendere la carriera di allenatore, ma senza grande fortuna. E di fortuna non ne ha avuta tanta nemmeno nella vita. La perdita del figlio Andrea è un colpo duro che affronta grazie alla vicinanza della moglie Emanuela e della figlia Alessandra. Le prove non cancellano, però, la sua bonarietà: chi lo avesse incontrato nel bar che frequentava nel centro di Bologna o lo avesse visto fuori dal Dall’Ara prima di una gara si sarebbe imbattuto in un uomo cordiale, sempre disponibile a scambiare una chiacchiera, a fare una foto o a firmare un autografo. Ultimamente, in verità, allo stadio si è visto sempre più di rado anche perché si è dovuto preparare ad un’altra dura battaglia, quella contro la malattia. Nelle scorse settimane la moglie Emanuela aveva nuovamente ringraziato tutta Bologna, la sua città, per essersi stretta intorno a Ezio, le cui condizioni erano peggiorate: lo aveva detto commossa, tra le lacrime, ma anche con la consapevolezza di chi sa che i tifosi mai si sono dimenticati di quell’ala che sbucava da dove mai te lo saresti aspettato per andare a segnare un altro gol. Ora Pascutti è andato a fare compagnia agli altri eroi di quel 1964, a Bulgarelli, ad Haller, a Nielsen, a Furlanis, a Tumburus. E all’inizio della prossima settimana tutti i tifosi rossoblù si stringeranno alla famiglia nell’ultimo saluto a quel calciatore che sta ancora volando per colpire il pallone ancora una volta prima di Burgnich.

di Marco Merlini