“O Miracolo?” È solo rimandato
Si gioca, anzi no. Nemmeno a porte chiuse. Non ci sarà alcun Barcellona-Napoli, la super sfida che avrebbe deciso il vincitore pronto a scalare un altro gradino della scala verso la Champions. E invece no, il coronavirus che ferma tutto ha fermato anche la coppa più bella per club, la competizione europea pronta a mostrare al Camp Nou il talento di Messi e Mertens, davanti ad una folla vibrante in una serata di festa.
Al rientro, però, l’augurio maggiore è che al Camp Nou ci siano i 5mila napoletani – del settore ospiti, anche di più se consideriamo gli altri settori dello stadio di Barcellona – pronti ad imbarcarsi sul primo aereo per vivere una serata da sogno, al di là di quello che sarebbe stato il risultato finale.
Un amore unico quello che lega da sempre il Napoli ai suoi tifosi, sparpagliati nel mondo e pronti a seguire in ogni caso la squadra. La notte del Camp Nou sarebbe stata ideale anche per un gruppo come quello degli “Apache”, protagonista dell’ultimo prodotto Netflix “Ultras”, un film che accende i riflettori sul mondo della tifoseria organizzata nella città di Napoli. Si parla di tifo, certo, ma anche di amore, amicizia e famiglia, il tutto racchiuso in un mondo, quello degli Ultras, dove i legami, di qualunque natura siano, sono forti e indissolubili. La passione che arde per la propria squadra, quindi, non è il punto di arrivo ma lo spunto perfetto per raccontare qualcosa di più grande e sfaccettato. Gli Apache sono prima di tutto persone fatte di convinzioni e contraddizioni, che amano senza riserve questo sport anche a costo di fare i conti con le proprie azioni. Una passione da sembrare eccessiva, a volte, eppure così pura dal primo all’ultimo momento. La stessa fiamma la ritroviamo in tutti quei tifosi che in questi giorni non fanno altro che pensare a un pallone. Pronti a lasciare i divani e tornare in gradinata, a cantare, soffrire o gioire per la propria squadra del cuore.