Como, il ritorno di Bertani: “E’ la fine di un incubo: sono tornato bambino. Mai pensato di smettere”
Dal sogno serie A conquistato sul campo all’inferno della squalifica, Cristian Bertani ha visto la scorsa estate la fine di un incubo lungo quattro anni. Dopo la riduzione della squalifica la punta di Legnano è tornata in paradiso ed è bastato poco per fargli ritrovare il sorriso, lui che pur di non smettere aveva scelto di giocare per la Carrozzeria Mary, campionato amatoriale lombardo. Il 14 settembre scorso un romantico ritorno con il Como, la squadra che lo ha fatto diventare calciatore: la partita contro il Livorno è durata appena 29 minuti per problemi fisici. Nulla di grave per un “guerriero” come Cristian che non ha perso tempo e il sette novembre ha ritrovato il gol contro il Piacenza, atteso da quattro anni e mezzo: l’ultimo risaliva a Padova-Sampdoria del 14 gennaio 2012. Poi la gioia di due reti da tre punti alla Pro Piacenza e alla Lupa Roma, arrivate a distanza di tre giorni l’una dall’altra: Cristian è tornato.
“Una gioia indescrivibile” – racconta Bertani ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – “Era una sensazione che non provavo ormai da quattro anni e inoltre questi gol hanno portato sei punti al Como, non potevo chiedere di più per il mio rientro. Ritorno in campo? Per fortuna a settembre ho saputo che avrei giocato diverse ore prime, sono riuscito a controllare l’emozione. Avevo fatto un buon ritiro, ma questo non dava garanzie sul mio impego. Purtroppo la gara contro il Livorno è durata poco per alcuni problemi fisici, ma erano preventivati. Ho avuto una piccola contrattura, per fortuna nulla di grave“.
Facciamo un passo indietro, al maggio 2012. La Sampdoria conquista la serie A, grazie anche alle tue reti, tu entri nel tunnel della vicenda scommesse: “All’inizio tanta confusione, delusione, rabbia. Passare dal sogno di una vita, quello di giocare in serie A, agli uffici degli avvocati, con tutto quello che ne consegue, è stato uno shock. La famiglia è stata fondamentale per non crollare. Mia moglie, miei figli, mia madre, mi hanno dato sostegno, affetto e voglia di reagire. Come spesso succede in questi casi, nel mondo del calcio si allontano un po’ tutti, rimani solo. Il lato positivo di questo incubo? Ho capito chi veramente mi vuole bene e ci tiene a me, e chi era amico solo perché sono un calciatore. Ho avuto la possibilità di scremare tra le mie amicizie e conoscenze”.
Novara la piazza più importante della tua carriera? “Sono stati tre anni stupendi, siamo passati dalla Lega Pro alla serie A nel giro di 22 mesi. Abbiamo vinto una Supercoppa, siamo arrivati agli ottavi di Coppa Italia e ci siamo giocati benissimo la doppia sfida con il Milan. Emozioni meravigliose vissute con un pubblico speciale: il periodo più importante della mia carriera. L’esperienza in Piemonte mi ha permesso di andare a giocare nella Sampdoria, l’opportunità più grande, con una maglia storica. Siamo riusciti a centrare una promozione che a un certo punto sembrava impossibile. Grazie ai play-off siamo l’unica squadra della storia della B che ha centrato l’obiettivo piazzandosi sesta. Stadio stupendo, tifoseria meravigliosa e una grande storia: un sogno quei sei mesi”.
Obiettivi? “E’ meglio non fissare un bottino stagionale, è controproducente. Quanto alla squadra abbiamo fatto un girone d’andata ottimo ed è giusto, visto anche il blasone del club, puntare in alto. Dobbiamo continuare a lavorare a testa bassa, come stiamo facendo, perché appena la concentrazione va via anche solo per un paio di ore si rischiano brutte figure come quella di Carrara. Abbiamo dimostrato di potercela giocare con tutte e, Alessandria a parte, è un girone piuttosto equilibrato: proviamoci“. Per quale squadra ti sarebbe piaciuto giocare? “Tifavo Milan, ora sono rimasto un simpatizzante: indossare quella maglia sarebbe stato bello. Idolo? Maradona, il migliore di tutti”.
L’ultima domanda è classica, ma per uno come te che deve “recuperare il tempo perso” è quasi d’obbligo: quanto pensi di giocare ancora? “La mia condizione fisica era un punto interrogativo e il discorso con la società è stato chiaro da entrambe le parti: se il fisico reggeva, bene, altrimenti avrei trovato un’altra soluzione. E’ bellissimo per me che tutto ciò stia accadendo proprio a Como, il club dove sono cresciuto e che mi ha lanciato. Quando il fisico non darà più garanzie mi piacerebbe rimanere nel mondo del calcio, ma so che non è facile e non tutti ce la fanno”. Ci sono 4 anni da recuperare in campo, scrivania e lavagne possono attendere.