Schalke, Tedesco: “Da bambino ero juventino, avevo il codino come Baggio”
Il tecnico dello Schalke si racconta ai microfoni di Sky Sport, parlando della propria infanzia e della carriera da allenatore
Se lo Schalke 04 ha tanto di Italia lo deve anche e soprattutto a Domenico Tedesco. Lui, italianissimo, ha guidato il club di Gelsenkirchen verso il clamoroso secondo posto in Bundesliga dell’anno scorso, qualificandosi direttamente per la fase a gironi di Champions League. E proprio nella massima competizione europea Tedesco c’è entrato con consapevolezza, giocando con applicazione e metodologia. La qualificazione agli ottavi – da secondo in classifica, dietro al Porto – mette dunque questo Schalke nelle condizioni ideali per rivelarsi come una delle sorprese della manifestazione, con i sorteggi che potrebbero – chissà – riservargli anche uno speciale derby con una delle italiane che passerà alla fase successiva.
La storia della famiglia Tedesco, però, è composta da tanti sacrifici: così, già da giovane, l’allenatore classe 1985 ha dovuto vivere sì di sogni ma anche e soprattutto di concretezza. Si arriva così all’emigrazione alla volta della Germania, lasciando la piccola Bocchigliero che diede i natali anche a Domenico Berardi. Un comune piccolo, che conta circa 1.700 abitanti e vicino a quell’ospedale di Rossano in cui nacque Domenico Tedesco: “Non c’era molto lavoro – racconta l’allenatore dello Schalke in esclusiva a Sky Sport -, dunque mio papà si è trasferito all’estero. Prima è andato lui, ha fatto tanti sacrifici ma ne è valsa la pena. A calcio ho giocato, ma a 17 anni mi sono reso conto di non essere al livello della Bundesliga e quindi ho cominciato a studiare, prendendo la laurea in ingegneria industriale“.
L’Italia nel cuore come tema dominante per Tedesco, che già da bambino sognava di vivere notti europee come quelle passate nella panchina del suo Schalke in Champions: “Il martedì andavo felice a scuola, perché la sera c’era la Champions. Da bambino tifavo Juventus, adesso continuo a simpatizzare per loro. Avevo il codino perché lo aveva Roberto Baggio – svela l’allenatore calabrese, nato a Rossano come Domenico Berardi -, ma me l’hanno fatto tagliare“.
“Per me è importante conoscere il dna del club. A livello di gioco mi piacciono quello proposto dal City, quello del Barça ed anche lo stile di Antonio Conte“. Proprio con l’ex ct della Nazionale Tedesco condivide la matrice tattica, con la difesa a 3 che è diventata anche un marchio di fabbrica dei biancoblu. E intanto, il trentatreenne dimostra di essere ferratissimo sulla storia calcistica delle nostre panchine :”Ho conosciuto Spalletti in Cina. In Italia ne abbiamo avuti tanti di allenatori bravi, da Arrigo Sacchi a Marcello Lippi“.
La coesione dell’organico e l’unità di intenti sembrano essere i mantra di Tedesco, che ha le idee ben chiare su cosa vuol creare in ogni squadra allenata: “Per me importante avere un gruppo che tra dieci anni mi dica ‘È stato bello stare con te, hai creato una bella atmosfera“.