Massimo Volta: “La mia storia dalla provincia al sogno Champions League”
Massimo Volta, difensore del Carpenedolo, racconta la sua carriera, che l’ha visto arrivare a giocare ai massimi livelli europei
C’era una volta un calciatore partito da un club di un paese della provincia di Brescia che è riuscito ad arrivare a giocare in Champions League. O meglio, c’è “un Volta” che è riuscito a farlo: Massimo Volta. Centrale classe ’87 ex Sampdoria, Perugia e Cesena (tra le altre), il difensore è attualmente all’Ac Carpenedolo, squadra che milita nell’Eccellenza lombarda. Una storia lunga la sua, a tratti romantica, ripercorsa tra aneddoti simpatici e pareri personali.
Da Desenzano all’esordio in Champions League con la Sampdoria
“Inizio da piccolo al Desenzano. Faccio i provini per il Brescia e vengo scartato poiché ero alto ma magro. Dopo poco mi chiama il Carpenedolo, allora in Serie C. Faccio due anni di juniores e arrivo in prima squadra. Esordisco, faccio gol e resto in pianta stabile tra i grandi. Finché, a fine stagione, mi chiama la Sampdoria“, racconta Volta. “Dopo i prestiti al Foligno, al Vicenza e infine al Cesena, dove vivo la mia miglior stagione vincendo il campionato ed entrando nella top XI della Serie B, la Samp decide di tenermi in rosa. Fino all’esordio in Champions League contro il Werder Brema”. Uno dei ricordi più belli per il difensore: “L’andata la giocai da terzino, il ritorno da centrale complice l’espulsione di Lucchini. Credo di essere uno dei pochi calciatori ad aver esordito prima in Champions che in Serie A. Quando vedo mister Di Carlo lo ringrazio sempre ma gli dico che è stato un matto“.
Dei primi anni in blucerchiato ricorda: “Ai primi ritiri con la Sampdoria vedevo dal vivo Cassano, Pazzini, Palombo. Ricordo uno stop di Antonio dopo un rilancio di 60 metri di Sergio Romero, che si gira e punta la porta. Cose da playstation che ti fanno restare a bocca aperta. Il primo allenatore a Genova? Mazzarri, che già giocava con la difesa a 3. Io ero abituato ad agire a 4 e per me era tutto nuovo”. Un’annata particolare quella del 2010/2011 per i tifosi blucerchiati: “Fu una stagione funesta. Dai preliminari, alle cessioni di Cassano e Pazzini dopo quel famoso litigio con il presidente fino alla retrocessione. Un’esperienza tosta dal punto di vista emotivo, fatta di dolori e gioie“.
E uno dei primi aneddoti raccontati da Volta ha come protagonista FantAntonio: “Ricordo un ritiro pre partita, dove Antonio arrivò in ritardo perché stava seguendo Real-Barcellona. Mangiavamo assieme: noi riso e petto di pollo, lui aveva nel piatto sette bruschette. Prima del suo arrivo Antonio Mirante, suo amico, gli mangiò una bruschetta. Appena arrivò se ne accorse, buttò il piatto all’aria e iniziò a urlare contro tutti. Anche io una volta l’ho fatto arrabbiare dopo un intervento duro in allenamento. Certi giocatori erano intoccabili e non lo sapevo. Ricordo tutte le sue parolacce in barese che mi detto contro. Però mi voleva bene, mi rispettava perché mi impegnavo sempre”.
L’esperienza all’estero di Massimo Volta
Dopo il ritorno in A della Sampdoria, l’allora allenatore Ciro Ferrara decide di mettere fuori rosa il difensore, costretto a trovare una nuova squadra: “Si presentò casualmente la possibilità di andare al Levante, in Spagna. Le premesse furono ottime ma l’annata si rivelò complicata. Il calcio spagnolo non era adatto a me, molto più tecnico e veloce e meno tattico. È importante andare all’estero? Lo consiglio, è un’esperienza che aiuta a crescere nella vita e come calciatore. In squadra con me c’erano Obafemi Martins, ex Inter, Juanfran e Keylor Navas, portiere di riserva ma con qualcosa in più. Poi ho visto dal vivo gli anni migliori di Messi e Ronaldo “.
Poi, l’aneddoto sul pre partita contro il Real Madrid dell’allora allenatore Mourinho: “In tutte le esperienze che ho vissuto in Italia doveva esserci rigoroso silenzio prima delle gare negli spogliatoi. Quando andammo a Madrid ricordo l’arrivo delle guardie del corpo prima che dei calciatori e la musica messa a tutto volume per caricarsi. Cose che da noi non si vedevano spesso“.
La differenza tra Champions League ed Eccellenza secondo Massimo Volta
“Sono un difensore all’antica, mi piace il contatto. Io ho vissuto solo gli albori del Var ed è chiaro che come difensore ti condiziona perché devi stare molto più attento alle reazioni che hai. Tecnologia anche in Eccellenza? Solo per le decisioni difficili arbitrali, anche se capisco sia impossibile. Qui puoi trovare il giocatore caldo, ma il gioco è più corretto. È chiaro che quando iniziano a girare tanti soldi e ad alzarsi gli obiettivi, si diventa anche più cattivi in campo“.
E su uno dei dibattiti più caldi del calcio moderno dice: “Se ci vuole tempo per salire dai dilettanti ai professionisti? Non si arriva a certi livelli per caso, devi avere certe caratteristiche sia fisiche che tecniche e l’abilità di adattarti al cambio di velocità. Per esempio Gatti lo vedevi che aveva quella voglia in più. Sono il primo a dire che non mi sarei mai aspettato arrivasse lì, ma l’hanno lasciato sbagliare e hanno capito che poteva crescere e adattarsi. Talenti come Balotelli e Cassano possono permettersi la bravata in più, ma gli altri non possono sbagliare nulla se vogliono arrivare in alto”.
Da Cassano a Coda, i compagni più forti
In una carriera lunga quasi 20 anni, sono stati tanti i giocatori di livello che Massimo Volta ha avuto come compagni di squadra. Da Cassano, Pazzini e Sergio Romero alla Sampdoria fino a Marco Parolo al Cesena o Gianluca Mancini e Leonardo Spinazzola al Perugia. Tutti giocatori che il difensore ricorda bene: “Con Mancini e Spina eravamo compagni di camera al Perugia. Io ero all’apice della carriera, loro molto giovani e spesso mi chiedevano dei consigli. Si vedeva che erano ragazzi con una marcia in più che grazie alla rigidità dell’allenatore Bisoli sono cresciuti bene“. Poi, un nome a sorpresa che l’ha particolarmente sorpreso: “Vedere dal vivo Massimo Coda è impressionante. Segna ogni partita e ti chiedi cosa ci faccia in Serie B. Lui ha deciso di sposare la causa dell’essere re di quella categoria e non mi capacito come abbia fatto a non sfondare in Serie A. Ho un ottimo ricordo di lui e del Benevento“.
In chiusura: “È il mio terzo anno al Carpenedolo, dove sono tornato per chiudere un cerchio. Dall’anno scorso sono anche il responsabile dell’attività di base del settore giovanile. Futuro? Ho il patentino UEFA B da allenatore ma voglio continuare a giocare finché sto bene. Vorrei finire la carriera con il quinto campionato vinto“. Una ciliegina sulla torta che sarebbe il coronamento di una carriera di altissimo livello, passata dalla provincia all’Europa.