Carparelli a #CasaDiMarzio “Io genoano alla Sampdoria, oggi gioco ancora”
Le parole dell’attaccante classe ’76
Non ha mai mollato, Marco Carparelli. A quasi 44 anni non ha nessuna voglia di appendere gli scarpini al chiodo: “Non è possibile, amo troppo il calcio. A smettere non ci penso proprio. Sono il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andar via. Quando segno ancora esulto come un pazzo”, ha raccontato a #CasaDiMarzio, il social format sul profilo Instagram di GianlucaDiMarzio.com. Professione attaccante, ‘Carpagol’ ha superato le 300 reti tra i Dilettanti con il Soccer Borghetto: “Anche quest’anno ne avevo già fatti venti in campionato”. In Prima Categoria come in Serie A: “Mi mancano tanto i compagni e le partite la domenica mattina. La mia mentalità non è cambiata, a fine partita gli avversari mi chiedono come faccia”. A lanciarlo nel calcio che conta è stata la Sampdoria: “Ero felicissimo. Non sono stato a guardare la squadra, volevo soltanto emergere ad alti livelli. Ringrazierò sempre la Sampdoria”. Stranezza per un tifoso genoano: “Il mio cuore è rossoblù, ci ho giocato tanti anni e oggi soffro da tifoso”.
LA SAMPDORIA
Quel Genoa che all’inizio lo aveva scartato: “Da bambino vivevo solo per il calcio, con il pallone ci andavo anche in Chiesa. Il Genoa mi scartò dopo un torneo a Modena e alla fine mi prese la Sampdoria”. Nel ’96, al Bologna, il primo gol in A: “Che emozione, i miei genitori piangevano. La mia famiglia aveva sempre fatto tanti sacrifici per farmi giocare, anche per loro era un sogno”. Come segnare il 3-2 a San Siro contro il Milan su assist di Mancini: “Per fortuna Baresi era anzianotto (ride, ndr). Era un altro calcio, giocare contro campioni così ti faceva tremare le gambe. Quando la palla è entrata non ho capito più niente, ho solo abbracciato Eriksson. Mancini mi ha insegnato il valore di questo sport. Ero timido e mi prese sotto la sua ala: se ho potuto fare tante presenze in A quell’anno è anche grazie alla buona parola che mise con Eriksson”. Quell’anno c’era anche Mihajlovic: “Un signore, che bello vederlo tornare a correre”.
IL GENOA
Nel 1999 finalmente il Genoa, il percorso opposto di Montella: “Non doveva andar via, sarebbe diventato quello che oggi conosciamo”. Lui invece non ci ha pensato due volte: “Mi è esploso il cuore, era la maglia della mia vita. All’inizio ho avuto difficoltà perché arrivavo dalla Sampdoria e i tifosi genoani non sapevano chi tifassi. Poi ho sudato per la maglia e sono passati dalla mia parte”. L’anno dopo firmò anche un gol decisivo nel derby: “Avrei scavalcato in quel momento. A casa ho trovato i cartelloni sulla porta, si è festeggiato tutta la settimana”. Una partita con pochi eguali: “Da tifoso lo vivo con ansia, ma da giocatore lo era ancora di più. Arrivi alla domenica che la tensione è altissima, quando vedi la gradinata ti viene voglia di spaccare tutto. I genoani ti guardano negli occhi con le lacrime, sono tre punti che aspetta una città intera”. L’addio fu inevitabilmente doloroso: “Di Canio mi aveva chiamato per raggiungerlo al West Ham, ma il Genoa sparò un prezzo troppo alto per il riscatto e saltò tutto. L’addio è stata una pugnalata, l’ho accettato sapendo le difficoltà del club”.
IL PROFESSORE
Tanti i ricordi legati a Franco Scoglio, tecnico e genoano doc: “Un secondo padre, ha trasmesso ai giocatori la voglia di indossare una maglia storica. Lui allenava anche la Nazionale Tunisina. Una volta andammo in ritiro in Provenza, a Genova gli 11 titolari e i sostituti tornarono in aereo, gli altri in pullman. Ci spiegava la tattica coi bicchieri oppure in albergo, disponendoci in piedi senza pallone. E in trasferta ci seguiva in macchina perché non voleva sentire le lamentele contro l’allenatore. Mi chiese anche se volevo un passaporto tunisino per giocare i Mondiali con lui”. Oggi un segno vuole lasciarlo anche Davide Nicola: “Eravamo grandi amici, sono contento sia arrivato fino al Genoa. Sta dimostrando di essere un grande allenatore e sta risollevando la squadra”. Carparelli spera di seguire la loro strada: “Un sogno allenare il Genoa, ma oggi mi sento ancora giocatore. Mi piacerebbe anche fare il dirigente”.