Candreva: “Volevo diventare un riferimento per la Lazio ma non me lo hanno permesso”
A Milano con il passato nel cuore. E’ la situazione di Antonio Candreva. Quest’estate infatti il centrocampista ha lasciato la Lazio per l’Inter, ma i colori biancocelesti gli sono rimasti dentro. Perché il classe’ 87 ha vinto la sua sfida. Arrivato a Roma tra i fischi nel 2012, non si è abbattuto. “Li trasformerò in applausi”, promise: detto, fatto. Così Candreva è diventato un idolo dei tifosi laziali, (ri)conquistando anche la Nazionale. Una storia che racconta lui stesso, ai microfoni di Radiosei.
“Ricordo il trasferimento alla Lazio – ammette Candreva – ero con il Cesena, stavamo partendo per Napoli. Mi chiama il mio procuratore Pastorello dicendomi che era fatta con la Lazio. Così prendo un treno regionale con tutte le fermate da Napoli a Termini, ancora le ricordo bene. All’arrivo mi è venuto a prendere il team manager della Lazio, ricordo che mentre ascoltavamo la radio in macchina mi insultavano tutti. Diciamo che mi ha aiutato”.
Dagli applausi ai fischi, dicevamo: “Mi hanno aiutato in tanti nello spogliatoio, soprattutto Reja. Mi ha fatto diventare un riferimento, non lo volevo deludere mai. Lui e Petkovic sono stati i migliori allenatori, meno Pioli. Anche con i giocatori ho legato con tutti, forse però di più con Radu e Marchetti. La svolta? Il gol contro il Napoli con l’esultanza sotto la Curva Nord, quello mi ha tranquillizzato. Più andavo avanti e più capivo il valore di quella maglia. Non posso che ringraziare i tifosi, mi hanno sempre sostenuto”.
Sul derby: “Era sentitissimo, c’era tanta tensione. 26 maggio? E’ stato il più importante della storia della Lazio. I giorni precedenti eravamo a Norcia, ero in stanza con Marchetti. Faticavamo a dormire, ricordo che lui lasciava sempre la stanza alle sei di mattina per la tensione. La partita fu bloccata, per fortuna segnammo nell’unica azione degna di nota. Ho il quadro della maglietta, lo guardo tutti i giorni”.
Poi però qualcosa si rompe. “Sono sempre stato incedibile per la Lazio, hanno sempre rifiutato tutte le proposte. Da quest’anno invece no. Avrei voluto diventare un punto di riferimento ma non me lo hanno permesso. Fascia da capitano? Credevo di meritarmela, c’erano altre persone alle quali avrebbe spettato di diritto per motivi di anzianità ma quando l’ho vista assegnata a Biglia ho rifiutato il ruolo di vicecapitano. Nessuna polemica, il mister ha scelto così”.
Episodio che ha cambiato Candreva: “Sì, l’ultimo anno ero più spento, non ero più io. Però della società non posso che parlare bene: grazie a loro sono arrivato in alto. Ricorderò per sempre la festa della gente a Formello dopo la conquista della Champions a Napoli. Della Lazio mi manca lo scherzare con tutti, in un ambiente positivo. Soprattutto il cuoco Giocondo, che quando tornavamo alle 3 di notte dopo una vittoria ci faceva la cacio e pepe. Sono stati 4 anni e mezzo fantastici”. Chiusura sull’Inter: “L’esonero di Mancini mi ha spiazzato, ora però ci stiamo riorganizzando”.