Campo sterrato e lago come compagno d’infanzia: viaggio nel mondo del primo Locatelli, lì dove tutto è nato
Dalla quiete alla tempesta, ribaltando e riadattando strofe Leopardiane; da un campetto di ghiaia sul lungolago a una “Scala del Calcio” infiammata solo due giorni fa. Più semplicemente, da Pescate a Milano, per nuovi viaggi tra Milanello e San Siro che ne hanno consacrato un talento cristallino: mica male, la nuova vita di Manuel Locatelli. Di lui parlano tutti come un ragazzo a modo, posato: ma altrettanto capace, quando vuole, di scatenare uragani in campo. E per capirlo, basta riavvolgere il nastro fino al 60′ di Milan-Sassuolo.
Ingresso in campo a sorpresa, nel momento di massima difficoltà rossonera, e personalità immediata, per fungere ancora da talismano (o più semplicemente arma tattica) di Montella: 4 ingressi in campo dalla panchina per 5 gol trovati dal Milan, anche con un volto meno pallido in campo. Quello del ragazzino classe ’98 che, come tanti, dal selciato di un oratorio sognava di calcare i campi della Serie A, riuscendoci 18 anni dopo la sua nascita ed arricchendo la torta di una carriera ancora tutta da gustare con la ciliegina del primo gol in campionato.
Semplicità: la parola chiave e adatta per descrivere Locatelli e la sua storia, partita da una piccola e tranquilla frazione di Lecco composta da poche anime e tanto lavoro alle spalle. Le mattine e i primi pomeriggi a scuola, qualche calcio al pallone prima che il sole sparisse dietro le montagne: per qualche sfida a PES o FIFA, ci sarebbe stato tempo più tardi. L’oratorio Giovanni Paolo II come valvola di sfogo quotidiana, dove divertirsi, imitare gli idoli Totti e Pirlo e…sì, imparare: perchè proprio lì, lungo le rive del lago e al fianco dello stradone di via Roma che separa il campo dalla chiesa di Santa Teresa, Manuel ha iniziato a dare i primi calci al pallone. Sotto gli occhi e le indicazioni di chi, inevitabilmente, lo conosce sin troppo bene: “Ad allenarlo, da bambino, eravamo io e suo papà – ci racconta Carlo Negri, Presidente del Gruppo Sportivo Pescate asd – siamo affiliati al CSI ed abbiamo a disposizione solo un campo, a 7. Quello ad 11 è dall’altra parte del lago, l’Al Bione. Manuel ha giocato qui sino a 9-10 anni, poi è arrivata la chiamata dell’Atalanta”.
Non un filo d’erba, ginocchia sbucciate e, anche con un pizzico di sfortuna, qualche pallone che può finire addirittura in acqua, se calciato troppo in alto. Eppure, Locatelli non ha mai tradito quel campetto al quale era, è e resterà ancora tanto affezionato. E non è l’unico…: “Prima di lui c’è stato un altro giocatore a crescere qui e ad arrivare poi in Serie A, andando un po’ indietro con gli anni – prosegue Negri – Roberto Tavola (difensore ex Atalanta e Juventus, ndr). Si parla di un giocatore che ha esordito in campionato nel ’75, roba da anni ’80, ma anche lui è partito da qui”. Prima la Polisportiva in oratorio, poi
l’Atalanta: percorsi dai primi tornanti simili, separatisi poi di fronte al bivio chiamato Milan: 60 km per raggiungere casa sono tutt’altro che una distanza incolmabile (pur non avendo ancora la patente e vivendo in convitto con l’amico Donnarumma) e Manuel, quando può, torna a far visita al campo che ha dato le prime gocce di linfa al suo sogno. “E’ tornato qui per la premiazione di un torneo Under 8 nel 2015: avrebbe iniziato un Europeo a breve con l’Italia, ma ha fatto di tutto per essere qui con noi”.
L’Under in Nazionale, già, con tanto di prima chiamata di Di Biagio in U21 in vista dell’impegno contro la Lituania. Altro piccolo, grande lembo di quella precoce carriera che già sta regalando a Locatelli soddisfazioni impagabili, con tante convocazioni guadagnate grazie al grande rendimento nel settore giovanile rossonero: al Milan è diventato capitano di ogni categoria, dagli Esordienti alla Primavera, facendo innamorare di sè nientemeno che Berlusconi ed Allegri già a 15 anni e diventando punto fermo del centrocampo dell’allora squadra di Brocchi, con cui poi è arrivato anche l’esordio in A. “Ha princìpi sani, una grande mentalità, non vuole mai perdere. E’ un esempio“: parola di Bruno Tedino, che lo ha allenato proprio in azzurro tra U16 e U17. “Uno che non vuole tutto e subito”, Manuel: e lo si è capito da quelle lacrime, versate in contemporanea ad uno stato di semi-incoscienza per aver siglato un primo gol capolavoro nel mondo dei grandi, tanto vere quanto amate da chiunque sia legato al mondo del calcio. Simbolo del tanto sudore lasciato sul campo e di un lavoro nel quale ha creduto fino alla fine, che lo ha portato con pazienza ad una domenica a cui, anche il giorno successivo, Locatelli continuava a non credere.
A differenza della fortuna, che il giovane regista made in Milan ha deciso di portare anche sulla maglia: di fianco al 7, numero preferito, ecco il 3, simbolo di buona sorte. Che le due cifre, sommate, diano 10, forse, non è proprio un caso: una numero che Locatelli non ha mai indossato e che in futuro, chissà, potrebbe forse essere proprio suo. Magari imitando Totti, come faceva 10 anni fa nel suo campetto sterrato preferito, davanti ad un panorama e ad un’atmosfera di totale tranquillità capace di rispecchiarne il carattere. Quando capita l’occasione giusta, però, impossibile restare calmi per qualche attimo: da Pescate a San Siro, trasformando la sua quiete in tempesta. E svoltando partite in maniera decisiva, da protagonista. Come aveva da sempre sognato.