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Bologna, ecco Jerdy Schouten: un ex “10” paragonato a de Jong

Centrocampista classe 1997, ad un passo dal Bologna. Van Persie l’idolo, Fabregas il modello. La sconfitta da evitare a tutti i costi, la malattia che lo ha fatto tremare: alla scoperta di Jerdy Schouten

Sinisa Mihajlovic, probabilmente, lo apprezzerà fin da subito. Jerdy Schouten ha solo 22 anni, ma tanta voglia di fare sul serio. Gli piace ridere e scherzare, però non sul campo. Chiedete ai suoi ormai ex compagni dell'Excelsior, che hanno provato più volte a coinvolgerlo in qualche classico gioco post allenamento: "Vince chi centra la traversa più volte", "Una cena a chi segna prima da centrocampo". Niente di tutto questo, Jerdy ne è praticamente allergico. Anche se per vincere è disposto a tutto, perfino nei giochi da tavolo. Non concepisce la sconfitta neanche al Monopoli, imbroglia pur di non perdere. 

Insomma, a Sinisa Mihajlovic piacerà subito. Il ragazzo, infatti, giocherà nel Bologna, che lo ha strappato alla concorrenza: "E' un giocatore meraviglioso da guardare. Se fossi l'Ajax o il Feyenoord, gli offrirei un contratto di cinque anni". Cit van der Vaart, uno che qualcosa ne capisce. I due club lo avevano anche ascoltato, ma i loro tentativi non sono valsi a niente. Peccato, forse in famiglia avrebbero sorriso. Il papà di Jerdy è da sempre un grande tifoso dei Lancieri, mentre un suo zio –  Henk Schouten – ha giocato otto stagioni con la squadra di Rotterdam, vincendo pure due campionati. E' venuto a mancare poco più di un anno fa, adesso fa il tifo per lui dall'alto.


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Classe 1997, Jerdy Schouten nasce come ala sinistra. Gli piace segnare fin dai primi calci dati al pallone a quattro anni, a Hellevoetsluis, una quarantina di chilometri da Rotterdam. A sette anni il padre lo carica in macchina e lo porta a vedere le partite dell'Excelsior. L'idolo di famiglia è Van Persie, anche se papà – qualche anno dopo – gli disegnerà sulle pareti della camera il volto di Fabregas. 


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Il sorriso e la spensieratezza lasciano poi il posto alle lacrime e alla rabbia. Fa tre provini con lo Sparta Rotterdam, ma viene sempre scartato. Gli dicono che è troppo secco, troppo magro. Una batosta per il suo sogno, una mazzata per tutti, non per lui. Così come non lo piega, una volta arrivato nelle giovanili dell'ADO Den Haag, una terribile sindrome compartimentale che gli colpisce gli stinchi. Jerdy non riesce a muoversi e non capisce perché. Cerca i sintomi su Google, ma non trova nessun caso analogo nel mondo del calcio. Si opera due volte, sta fuori dal campo per undici mesi. 

Non si arrende, rientra. Intanto i suoi allenatori lo arretrano. Dall'attacco alla trequarti, poi un po' regista e infine mezz'ala: "Delle volte sembra che solo lui capisca cosa sta succedendo in campo" dicono in Olanda. Segna poco, ama fare gli assist: "Ma dovrei essere un po' più egoista" si ripete. Jerdy, la storia di un vecchio numero dieci che ha assaporato la goduria di una palla interecettata preferendola ad un colpo di tacco. Merito anche dell'esperienza di due anni fa al Telstar in Eerste Divisie (la Serie B olandese) dove gioca 40 partite e si fa le ossa.

Poi il ritorno in Eredivisie con l’Excelsior appunto. Il primo giorno gli cade il mondo addosso perché lo obbligano a cantare davanti a tutta la squadra. Chi? Marco Borsato, cantante italo-olandese famoso in patria per aver tradotto qualche testo di Zucchero e Giorgia. "Dromen zijn bedrog " il suo capolavoro. Tradotto: I sogni sono inganni. Il motto di Jerdy Schouten, lui che preferisce parlare di obiettivi. Per raggiungerli riempie di domande i suoi allenatori e guarda in tv solo grande calcio: "Posso ammirare il City 300 volte, non guardo Getafe-Real Sociedad". Sincero. In molti lo paragonano a de Jong e Schöne per le sue abilità tecniche e difensive. Il culmine della sua stagione lo ha raggiunto proprio contro l'Ajax che, dopo aver stravinto per 6-2 contro il Feyenoord, una settimana dopo perde 2-1 con l'Excelsior. Jerdy fa il fenomeno, impossibile nascondersi da quel momento. 

Lo hanno notato tutti, compreso il Bologna. Pronto a conoscerlo meglio e a goderselo. Chissà, magari qualche gara a chi prenderà più traverse la farà. Dire no a Mihajlovic, si sa, potrebbe non essere la scelta più saggia da prendere.