Ancelotti, il figlio Davide si sfoga: “Brutto e incomprensibile sentir parlare di “clan” Ancelotti”
Psg, Real Madrid, Bayern: curriculum di tutto rispetto per Davide Ancelotti. Tuttavia il cognome è troppo pesante per evitare l’etichetta di “raccomandato“, ma Davide non ci dà peso. “Lui è uno che delega molto, quindi lavorarci insieme vuol dire avere molte responsabilità” – precisa subito Ancelotti Junior attraverso il sito de La Gazzetta dello Sport – “Potersi confrontare ogni giorno con lui che per me, seppur di parte, è il migliore al mondo, è molto formativo. Sto imparando tanto. Poi sono contento di poter essere in contatto con mio padre tutti i giorni. Abbiamo un rapporto molto forte. Dopo anni di studio il mio primo incarico è stato al Psg. Ero il preparatore atletico alle giovanili. Poi al Real ero preparatore della prima squadra e al Bayern ero vice allenatore. Il club però all’inizio mi presentò come preparatore, per questo spesso si è fatto confusione sul mio ruolo”.
Differenze tra Liga, Ligue 1 e Bundesliga? “Sono Paesi diversi, in cui ci sono culture differenti. A Parigi abbiamo avuto qualche problema logistico. La società stava crescendo, ma c’era disorganizzazione. Sui campi delle giovanili non c’era l’acqua per farsi la doccia. A Madrid ti senti parte integrante di qualcosa di gigantesco, a Monaco è una famiglia. Non c’è un meglio o un peggio, siamo nel campo della soggettività. Sono un privilegiato. Ma voglio onorare il cognome che porto. Mi impegno perché so che se negli studi non sono il migliore poi qualcuno può dire che io sia raccomandato. Ma voglio meritarmi ogni cosa”.
Il Clan Ancelotti, verità o leggenda? “Ho letto, e dico che la realtà non è questa. Ogni tecnico ha il proprio staff, che si porta dietro. Un allenatore si fida del suo staff, che siano familiari o no. Come pure il bravissimo preparatore Giovanni Mauri, che lavora con noi e con suo figlio Francesco. Brutto, e anche incomprensibile, che nel nostro caso si parlasse di clan. Sono ancora sotto contratto, non posso parlarne ed è pure presto per farlo. Ma dal punto di vista professionale avevamo un bel rapporto, con tutti. Si dice che non si è davvero allenatori fino a quando non si è esonerati. Mio papà, a stagione in corso, non era ancora mai stato allontanato. Forse ora è finalmente allenatore. Anche questa esperienza ci servirà”.
In chiusura d’intervista si parla del futuro: “Non so, ma credo che papà torni a Vancouver. Poi dalla prossima stagione ricominciamo. E un giorno diventerò tecnico capo”.