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Un arbitro va giudicato per il suo operato non perché donna

Agata Centasso ci racconta l’importanza di giudicare un arbitro per la sua professionalità senza lasciarsi condizionare dai pregiudizi

Primo arbitro donna a dirigere una partita di seria A. Questo uno degli avvenimenti che ha fatto notizia nella scorsa settimana. È capitato infatti che nella partita di coppa Italia disputata il 15 dicembre, Maria Sole Ferrieri, fosse l’arbitro designato per il match.

 

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Purtroppo ancora oggi episodi come questi fanno notizia. Ormai siamo abituati a vedere donne medico, donne giudice, donne ministro, donne questore, mentre il mondo del calcio rimane uno dei pochi settori in cui la donna con la sua presenza sembra sempre dare fastidio. Se però il calcio femminile sta prendendo piede, per quanto riguarda l’arbitraggio si è ancora molto indietro. Qualche mese fa la FIGC aveva dato 10 giornate di squalifica ad un giocatore che al termine della gara aveva rivolto frasi sessiste all’arbitro, dichiarando di vergognarsi del fatto che un arbitro donna potesse aver diretto una sua partita.

 

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Nonostante i compagni di squadra cercassero di allontanarlo, il calciatore proseguiva con gli insulti invitando la predetta a smettere di arbitrare in quanto il calcio non fosse adatto alle donne.

Non molto tempo fa, invece, il giornalista Sergio Vessicchio definì “uno schifo” vedere arbitri donna in campo. Successivamente aveva chiesto scusa ma aveva affermato di non aver cambiato idea. Le donne devono arbitrare le donne. Se ci pensate è assurdo: è un po’ come sostenere che una donna medico debba operare solo persone dello stesso sesso.

 

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Non è facile svolgere il proprio lavoro se sei messa sempre in discussione

Purtroppo anche io, se devo essere del tutto sincera, qualche volta sono stata vittima di questo modo di pensare. Quelle poche volte che mi è capitato di essere arbitrata da una donna non nascondo di aver avuto qualche iniziale pregiudizio, poi smentito dal loro operato che è stato sicuramente all’altezza della situazione. La causa del perché, in maniera forse irrazionale, preferirei un uomo, è dettata dal fatto di essere appunto vittima di pregiudizio.

Non deve essere facile svolgere il proprio lavoro essendo messi sempre in discussione a priori. Ne derivava un comportamento a tratti leggermente ostile e poco incline al dialogo.

 

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Spesso durante le partite mi capita di confrontarmi con il direttore di gara, domandando spiegazioni. Non sempre quando ci avviciniamo all’arbitro è per protestare, a volte lo si fa per avere una spiegazione che se data poi tranquillizza ed evita nervosismi. Questo, quelle poche volte, non è stato possibile, perché ne avrebbe messo in discussione l’autorità. Ma poi pensandoci bene è un ragionamento errato perché è una cosa comune anche nell’arbitraggio al maschile. E questo quindi non è dovuto al sesso ma alla personalità dell’arbitro stesso. 

 

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Giudicatela perché arbitro non perché donna

Ricordiamoci, infine, che l’arbitro donna che dirigerà la partita avrà superato tutte le prove richieste anche agli arbitri uomini e quindi sarà qualificata per farlo. Facendomi io in primis un bagno di umiltà, pensiamo ognuno a fare ciò per cui siamo qualificati. Io a giocare, l’arbitro ad arbitrare. Voi pubblico a guardare e certo pure a giudicare. Ma non giudicatela perché donna, giudicatela perché è arbitro.