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Adebayor: “A 16 anni ho tentato il suicidio”

L’attaccante africano, oggi in Turchia, si è raccontato in esclusiva al Daily Mail. Fra un passato difficile e un aneddoto su Ronaldo

Adebayor oggi ha 35 anni e gioca in Turchia con la maglia del Basaksehir. Ha valanghe di gol e battaglie alle spalle, anche una vita difficile. Che si era fatta insopportabile quando era appena un ragazzo: "Avevo solo 16 anni e giocavo nel Metz, dove guadagnavo circa 3000 sterline al mese – ha raccontato in esclusiva al Daily Mail – la mia famiglia aveva chiesto una casa da 500.000 sterline. Il club era stanco di me a causa del mio comportamento. Ricordo di essermi seduto sul mio letto una notte e di aver pensato "Cosa ci faccio qui? Nessuno è felice con me, quindi perché vivere?".

Di qui l'idea del suicidio: "C'era una farmacia sotto il mio appartamento. Ho comprato un pacchetto di compresse. Non volevano vendermelo, ma io dissi che le volevo per fare beneficenza in Togo. Ho fatto i preparativi, ho bevuto tutta l'acqua. Ero pronto per buttare giù le pasticche. Poi ho chiamato il mio migliore amico a mezzanotte. Mi ha salvato la vita, mi ha detto di non correre, che avevo molti motivi per continuare a vivere. Mi disse che avevo le potenzialità per cambiare l'Africa". 

Dietro alle sue difficoltà il difficilissimo rapporto con la famiglia: "Tutto quello che volevo era aiutarla, ma mi hanno messo un'enorme pressione. Non avrei potuto farcela. Quando una famiglia è povera, tutti sono poveri e c'è un'enorme solidarietà fra i singoli componenti. Le persone prenderebbero una pallottola per te. Ma quando uno ce la fa, allora è come se avesse un debito con tutti". 


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Già, la famiglia. Negli anni Adebayor è riuscito a farsene una nuova. Ha rischiato di non vederla più però. L'8 gennaio del 2010 il pullman sul quale sta viaggiando il suo Togo impegnato in Coppa d'Africa viene assalito dai terroristi: "Per 42 minuti tutto ciò che abbiamo sentito sono stati spari. Sinistra, destra, fronte e retro. Sentivo appena gli amici gridare ma non potevamo muoverci o fare qualcosa".

Il pensiero che va alle persone più importanti della sua vita: "Come capitano, ho detto a tutti di chiamare le loro famiglie. Ho chiamato la mia ragazza e le ho detto "Ascolta, sto per andare". Lei mi rispose: "Andare dove?" Era incinta. Io le dissi: "Se il bambino sarà un ragazzo, chiamalo Emmanuel Jr. Se è una ragazza, chiamala Emannuela". Lei: ""Di cosa stai parlando?". Io l'ho salutata: "Ti chiamerò più tardi se sarò ancora vivo."

Il calcio non è tutto nella vita, Adebayor questo lo sa bene. Ma tutte le difficoltà avute non gli impediscono di tornare con la mente a cose più leggere. Come quando al Real era allenato da Mourinho e giocava insieme a Ronaldo: "Una volta Mourinho si arrabbiò con CR7 dopo che aveva segnato una tripletta. Gli disse: ‘Dicono tutti che sei il migliore al mondo e che stai giocando male. Mostrami che tu sei davvero il migliore’. Insomma, Ronaldo poteva anche segnare una tripletta ma l’attenzione era su ciò che non era riuscito a fare”.


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Ad impressionare l'attaccante africano anche gli allenamenti di CR7: "Si allenava con noi come se lo stesse facendo insieme ai suoi figli – ha proseguito – riusciva a far passare la palla sulla schiena oppure a controllarla con il collo. Una volta con un solo tocco ha tenuto la palla per cinque secondi. Com’è possibile? E in palestra, wow. Ramos e io eravamo i migliori, poi è arrivato lui. ‘Pensate sia difficile?’ ci disse. Su certi esercizi se noi facevamo 5 serie, lui poteva farne anche 30”.