Questo sito contribuisce all'audience di

La Turchia, le lacrime per l’Ajax e un viaggio da (ri)scrivere. Cavalletto: “Sono pronto per tornare”

Un viaggio nel mondo di Daniele Cavalletto, ex vice di Galderisi e Farioli: il titolo sfumato con l’Ajax, la Turchia e gli aneddoti su Mokio e Hato.

“Sto bene, mi manca il profumo dell’erba”, inizia così l’intervista a Daniele Cavalletto. Dopo cinque anni con lo zaino in spalla e un biglietto di sola andata alla scoperta del calcio europeo, confessa: “Fermarsi è un modo per vedere cose diverse, capire errori commessi in passato e preparare meglio il futuro”. Il primo compagno di viaggio fu Giuseppe Galderisi, il secondo Francesco Farioli. Dall’Olhanense in Portogallo al Karagümrük e all’Alanyaspor in Turchia, fino a raggiungere la ‘Baia degli Angeli’, Nizza. Poi la bussola punta il nord. Nuovo volo, nuova esperienza: l’Ajax.

E il viaggio alla scoperta di Daniele non può che essere avviato con la retromarcia inserita. Coordinate: Amsterdam, stagione 2024/25. L’Ajax perde il campionato per un soffio: 78 punti contro i 79 del PSV. “È ancora una delle amarezze professionali più grandi”, confessa. “Ricordo una foto bellissima dello staff dopo l’ultima partita: noi abbracciati sotto la curva. Le nostre espressioni erano differenti ma c’era un filo conduttore: quello di aver dato tutto. Abbiamo costruito un miracolo, purtroppo non lo abbiamo visto realizzato”. Conclude: “Quando si fa uno sforzo fisico grandissimo si suda, quando è cuore e mente si sforzano escono le lacrime”.

Dalla retro alla prima. “Non vedo l’ora di tornare”, lo dice con il sorriso. Il viaggio sta a Cavalletto, come il calcio sta alla sua vita: proporzione che calza a pennello con lui. Ora? Mi sento in una grande rotonda. Devo scegliere l’uscita giusta, quella che mi permette di valorizzare il percorso fatto finora”. Alla domanda se Italia o estero, risponde con un altro quesito: “Perchè no Italia? I campionati interessanti ci sono un po’ ovunque, ma la Serie A mi manca. È 20 anni che collaboro negli staff e mi piacerebbe mettermi alla prova nella massima serie del mio Paese”. Continua: “Ma sono apertissimo all’estero pur che si tratti di un passo in avanti e di una valorizzazione di quello che sono stato. Il calcio mi manca”.

A proposito di staff, Cavalletto racconta di come negli ultimi anni sia fondamentale averne uno. “Oggi si è assorbiti da diversi fattori ed essere collaboratore è un lavoro di grande responsabilità. C’è tanto dietro: è campo e extra campo”. Prosegue: “Deve esserci un rapporto di fiducia: l’allenatore avrà sempre l’ultima parola”. Parola di Daniele, che per cinque stagioni ha lavorato come vice di Francesco Farioli. “Lo conobbi a Lucca, lui era il preparatore dei portieri. Dimostrò subito un’intelligenza superiore alla norma”. Ma il matrimonio si salda più avanti. “Quando partì per la prima esperienza in Turchia io ero sotto contratto a Pesaro. Mi sentii come un fratello maggiore: dovevo accompagnarlo in questo passaggio.

Fra cultura e calcio

Il viaggio come leitmotiv della sua carriera. “Quando si esce dalla comfort zone un minimo di adattamento lo si deve mettere in conto. Poi ci si deve confrontare con la differenza culturale, la lingua può costituire una barriera e la religione un punto di non contatto. La Turchia è stato il Paese più difficile in cui ho vissuto, ma a oggi è dove mi sono sentito più me stesso. In altri termini una scoperta e la consapevolezza di aver trovato una nuova casa: “Sono rimasto in contatto con delle persone turche: il panettiere, il vicino di casa…”. D’altronde “si può partire da queste grandi differenze che sembrano incolmabili, invece è solo una questione di conoscersi e accettarsi”.

Alla cultura, si interseca anche la capacità di sapersi adattare al calcio territoriale. “Quando si arriva in un Paese, un po’ di resistenza la si trova. Luis Enrique non fu capito a Roma per una metodologia che è vincente. Penso sia una questione di dosaggio: non si tratta una diversa nazione, ma di una diversa metodologia”, spiega. Negli ultimi tempi si è parlato di calcio passato e moderno, Cavalletto a riguardo: “Mi piace pensarla così: non escludiamo a priori i principi, prendiamo quelli che sono funzionali al momento e valorizziamoli”. Chiarisce: Non accantoniamo il vecchio: chiudiamolo in un cassetto e ogni tanto apriamolo. Il passato non va relegato in una soffitta, sarebbe ingiusto nei confronti di chi ha lavorato prima di noi.

Daniele Cavalletto, vice allenatore all'Ajax - credit: IMAGO
Daniele Cavalletto, vice allenatore all’Ajax – credit: IMAGO

Mokio, Hato e… Non solo aneddoti

L’incontro è alla base del viaggio. E lungo il cammino di Cavalletto, sono stati diversi i giocatori conosciuti. Con lui, non si è potuto non parlare di Jorthy Mokio: “È incoscienza e talento al tempo stesso, un predestinato”. Il classe 2008 era arrivato all’Ajax la scorsa estate. “I primi due allenamenti li fece con lo Yong Ajax e si infortunò”, racconta. “Si percepì subito la sua potenza. All’inizio era un rebus tattico, ma essere duttile vuol dire essere qualitativo. Un aneddoto? “Dovevo mostragli dei video prima della partita di Europa League. Sono un maniaco delle puntualità. Mancava un minuto e lui mi scrisse che non riusciva a prendere l’ascensore. Sono convinto che non arriverà più tardi a un colloquio, ma quell’episodio mi fece sorridere”.

Tra i tanti c’è anche Jorrel Hato. “Il suo passaggio al Chelsea la dice lunga sul suo conto”, commenta. “Ricordo che ogni tanto gli affidavamo la distribuzione delle casacche, ma quando componeva la sua squadra perdeva. Così gli ripetevo di giocare a calcio fino ai 40 anni perché come allenatore avrebbe fatto fatica (ride)”. E su Devyne Rensch, allenato sempre all’Ajax: “Quando ha scelto di andare alla Roma, per noi è stata una grande perdita. Con Gasperini può fare il salto”. Dal club giallorosso alla Juventus: Cavalletto dice la sua su Khéphren Thuram.“È un ragazzo di un’intelligenza sopra la media. A Nizza volle subito inserirsi nel gruppo nonostante fosse tornato da poco dagli Europei U21 con la Francia. Non mi stupisce che ora sia uno dei cardini”. Quattro Paesi, infiniti volti, una storia da proseguire: è l’avventura di Daniele Cavalletto.

A cura di Beatrice Zattarin