Nel mondo di Milik – I primi gol tra minatori e un amico molto speciale
Lo stadio Ernest Pohl è stata la casa di Arek Milik dal 2011 al 2013, ovvero quando si è trasferito al Bayern Leverkusen. Dalle tribune di quello stadio, le stesse che nel 1970 avevano visto la squadra dei minatori di Zabrze eliminare la Roma nella semifinale di Coppa Uefa, gli osservatori tedeschi avevano ammirato il talento purissimo dell’attaccante classe ’94 che l’estate scorsa ha scelto di vestire la maglia numero 99 del Napoli. Stesso numero che portava sulla maglia nera e rossa ai tempi del Górnik Zabrze. Da queste parti lo avevano visto fin da subito come un predestinato. Lui, nato il 28 febbraio: stesso giorno di Wlodzimierz Lubanski, bomber di tutti i tempi del Górnik Zabrze e della nazionale polacca. Insomma, bigliettino da visita che parlava da solo per il piccolo Arek, nato a Tychy e cresciuto a Katowice, tutto nel raggio di 50 chilometri.
Da quando aveva 11anni, e fino a quando non è partito per la Germania, Arek ha avuto come suo compagno di squadra (prima al Rozwój Katowice e poi Górnik Zabrze) l’amico inseparabile Konrad Nowak, anche lui nato nel 1994. “Arek è sempre stato un giocatore fantastico”, racconta il calciatore polacco sulle pagine de “il Mattino”. “Fin da quando era piccolino praticamente era il capocannoniere di ogni torneo. Merito di quel piede sinistro davvero fatato”. Lui e Arek facevano coppia fissa in campo. “C’è sempre stata grossa intesa tra di noi. Io facevo gli assist e lui i gol: un’accoppiata perfetta”.
Oggi Konrad gioca ancora Górnik Zabrze neopromossa nella massima serie polacca, mentre Arek ha girato mezza Europa prima di approdare nel Napoli. “Ci sentiamo sempre, anche adesso che è a Napoli e mi ha detto che è una piazza fantastica: i tifosi sono caldissimi. Gli piace molto la città e la squadra e vuole continuare a fare bene lì”. E Konrad non smette mai di essere il suo primo tifoso. “Faccio il possibile per non perdere neanche una partita del Napoli e un giorno spero di poter approdare anche io in Italia”. Idea che gli è venuta sulla scia dei racconti dell’amico Arek. “Mi dice sempre che il calcio italiano è molto tattico e che bisogna essere pronti per giocare lì”.