Il primo ricordo dice tutto: “Gli davamo sempre il 10…”. Chiarificatore: “Con quel numero si sentiva diverso, importante”. Prima la persona però. Solo Luis: “Introverso, timido. Ma coraggioso! E’ un buon amico, gli sono molto affezionato”. Garantisce Ramon Tejada. Quello che tanti anni fa, ai tempi del Siviglia, diede la 10 a Luis Alberto e ora lo racconta in esclusiva. Quel ragazzino oggi compie 25 anni e, con la maglia della Lazio, incanta, stupisce, quasi non si può levare. Dietrologia di una rinascita: “A febbraio stavo per lasciare il calcio, poi ho lavorato su me stesso e adesso sono felice”. Come la Lazio, come Inzaghi. Uno che aveva intuito le sue qualità già dall’anno scorso, quando il 18 stava in panca e non giocava mai, tra i problemi con la lingua e l’adattamento un po’ difficile: “Ma adesso non posso farne a meno”. Sorride, Inzaghi. Proprio come Ramon, uno dei primi allenatori di Luis Alberto. Già sintetizzabile in una parola sola: “Talento!”. Ripetuto varie volte durante l’intervista, quasi a volerlo ribadire in modo chiaro, diretto. A far capire a noi italiani che non è uno dei tanti: “L’ho allenato per tre anni, dalla Juvenil A fino al Siviglia Atletico, la squadra B (2008-2011)”. Particolarità iniziale: “Era il più giovane di tutta la rosa”. Lui, il suo ruolo, i suoi inizi. Alle origini di Luis Alberto, bella scoperta della Serie A.
ADELANTE, LUIS
Ramon ne parla subito benissimo: “Aveva una qualità superiore rispetto agli altri giocatori”. Sorride e ricorda: “La sua tecnica e i suoi rapporti coi compagni presagivano un gran futuro del calcio. Aveva una grande voglia di imparare, di migliorarsi giorno dopo giorno. Sempre. Rispettava noi allenatori, aveva attitudine al sacrificio”. Ottimo rapporto tra i due: “Sì, anche con la sua famiglia. Mi ha sempre mostrato gratitudine, forse un po’ eccessiva a dire il vero, ma è un amico. Gli augurerò sempre il meglio. Ha dei valori, è una brava persona”. Tecnicamente non si discute: “Segnava grandi gol, partiva soprattutto da sinistra e si accentrava con l’altro piede, pungendo col destro”. Caratteristica migliore? “Fare assist! Si è sempre distinto per questo, era fondamentale. E ogni giocata era vitale per la squadra”. Insostituibile, chiedete a Inzaghi. Duttilità tattica evidente poi, con la Lazio ha fatto anche il regista senza sfigurare: “Amava il 10, ma se un giorno indossava un altro numero non si preoccupava. Gli interessava più la prestazione, giocare bene. Quello sì. E' un fantasista, ma può fare la seconda punta o la mezz’ala. Già da ragazzo era straripante”. La Lazio se n’è accorta. Titolarissimo quest’anno, sempre uno dei migliori fin dalla Supercoppa vinta con la Juve: “Nell’ultimo passaggio è… brutale”. Questo l’aggettivo usato da Tejada: “E’ cresciuto tatticamente, la sua voglia di vincere l’ha aiutato molto. Come la sua capacità di verticalizzare, è la cosa che salta subito agli occhi quando lo vedi giocare”. Descrizione perfetta. Dalla Liga alla Serie A, nuova sfida per Luis: “Per le qualità che ha può crescere in qualunque squadra. Ma per il calcio italiano è importante avere in rosa uno come lui. La Lazio lo farà crescere sia sul piano offensivo che difensivo”. Magari per vederlo tra le fila della Spagna, obiettivo dichiarato: “Sarebbe un sogno vederlo in nazionale! Un motivo di grande orgoglio e soddisfazione. Spero faccia una buona stagione, ogni momento è buono per una chiamata". Adelante, Luis.