Strana la vita. Quando meno te l’aspetti ti riserva delle sorprese. Destino? Forse. Ma anche bravura, coraggio. Capacità di salire sul treno giusto. O meglio, nel nostro caso su un aereo. Dal Brasile all’Italia, con un sogno nel cassetto. “Volevo giocare in Europa, a tutti i costi!”. E allora sei disposto a tutto pur di riuscirci. Adriano Mezavilla, centrocampista dell’Alessandria, nel 2001 partì dal Brasile senza una meta ma con una promessa, che poi si rivelò fasulla. Ma che gli permise, in ogni caso, di esaudire il suo sogno di giocare in Italia. “Un procuratore brasiliano mi portò qui – ha raccontato Mezavilla a GianlucaDiMarzio.com – con la promessa di trovarmi una squadra. Eravamo tre ragazzi, oltre me anche Ferreira Pinto tra l’altro. Ma questo procuratore un giorno sparì, senza pagare né albergo né ristorante. Ci lasciò così, per strada, senza nulla. Scappò in Brasile. Non sapevo cosa fare, non parlavo neanche una parola di italiano. Per fortuna ci accolse il Lanciano”. Eccolo il destino. Eccola l’occasione giusta da cogliere al volo. “Facemmo un periodo di prova, l’allenatore era Castori. Andò bene. Mi fecero firmare un contratto, non sapendo parlare l’italiano e non avendo nessuno con me non sapevo neanche cosa stessi firmando. Lo feci così, al buio. Poi scoprii che era un triennale al minimo federale”.
Da lì è iniziata la sua lunga avventura in Italia, che ormai dura da 16 anni. “Ma il Brasile mi manca, ci torno soltanto nei due mesi di vacanza che ho in estate. Anche mia moglie è brasiliana, quindi mancano gli affetti, la famiglia”. Saudade. Per quel Brasile in cui è cresciuto e che, chissà, presto riabbraccerà. “Ho vissuto un’infanzia abbastanza semplice, pur senza grandi possibilità economiche. Abitavo in casa con i miei nonni, felice di vivere in questa semplicità. Lasciando gli studi e dedicandomi al calcio. Futuro in Brasile? Vediamo. Avendo giocato sempre in Italia lì non mi conoscono come calciatore. Ma mai dire mai, mi piacerebbe”.
L’Italia la sua seconda casa, con una carriera vissuta tra gioie e rimpianti. Uno in particolare. “Tornai al Catania dal prestito al Pisa, erano in Serie A e l’allenatore era Zenga. Mi disse ‘resta con noi, parti da ottavo centrocampista ma ti giochi le tue carte’. Quando sei giovane vuoi giocare, andai via. Il Catania fece un grande campionato, giocarono un po’ tutti. La paura mia era quella di non avere spazio. E ogni tanto ci penso a come sarebbe andata, anche se sono contento per quello che ho fatto”. Con tanti maestri, in primis Sarri a Perugia: “Sulle palle inattive era una cosa incredibile, a un certo punto ti usciva il fumo dalla testa. A volte non ricordavo neanche i numeri degli schemi. Poi nello spogliatoio, quando diceva la formazione prima delle partite, faceva l’analisi di tutta la settimana di lavoro per ogni giocatore, ricordava tutto. Scaramanzia? La storia che obbligava i calciatori a giocare con le scarpe nere è vera, anche se in quel periodo stavano iniziando ad uscire quelle colorate e incominciò ad adattarsi”. E poi quei sei mesi con Ventura a Pisa… “Fantastici, venivo da un periodo negativo ma andai alla grande in quel gruppo. Perdemmo la semifinale play-off per la Serie A contro il Lecce. Lui era un grande allenatore, si vedeva. Ed io avevo il compito di gestire Gabionetta, che non parlava l’italiano. Si arrabbiava spesso con Ventura, soltanto che io lo coprivo quando traducevo”. E i tanti compagni di squadra illustri. Da Zaza a Pavoletti: “Erano giovani e promettenti, sono stati bravi a superare i momenti di difficoltà”. Passando per Pellè: “Era il mio coinquilino a Catania. Lui era di Lecce, io brasiliano: un mix stranissimo”.
Tante avventure ed ora un sogno: portare l’Alessandria in Serie B. Domenica per lui un gol importante, per battere l’Olbia e restare a +4 sulla Cremonese. “E’ stato importantissimo perché ha riaperto una partita difficile. Quest’anno ci crediamo, siamo primi dall’inizio. Il girone d’andata è stato straordinario, siamo partiti con una lunga serie di vittorie. Poi un giorno abbiamo pareggiato contro il Racing Roma che è ultimo in classifica, fu un risultato a sorpresa. Ma in quel momento fu importante anche l’esperienza di calciatori come me per capire che c’era da sudare e che non si potevano vincere tutte le partite. L’anno scorso abbiamo sbagliato qualcosa, ora abbiamo imparato la lezione”. La stagione scorsa fu negativa per quanto riguarda il campionato ma regalò alla città di Alessandria un fantastico cammino in Coppa Italia. “Una cosa incredibile, non la dimenticherò mai. E ci credevamo anche contro il Milan, per arrivare a quel punto significa che ci potevamo stare”. Una gioia, però, dai due volti. “Fu bellissimo, sì. Ma quel cammino ci condizionò molto in campionato, ci tolse parecchie energie. Ma non possiamo cambiare il passato, è stata comunque un’emozione che ci siamo meritati”.
Ed ora eccola la vita a dare una seconda opportunità. Un treno da prendere al volo, quel sogno chiamato Serie B. Da non lasciarsi scappare. Proprio come Adriano Mezavilla fece 16 anni fa, prendendo quell’aereo per l’Italia e iniziando la sua fantastica avventura.