Chi è questo Paolo Indiani che molti allenatori citano come un esempio? L’ultimo, solo in ordine di tempo, è Leonardo Semplici. Nelle fortune della sua Spal pare ci sia lo zampino di un allenatore a cui i riflettori non piacciono troppo. Allenatore da tuta, giacca e cravatta la lascia agli altri. Un altro Sarri che poteva farcela e invece si è fermato a metà, per scelta più che per capacità. Toscano, “al 100%” risponde lui. Di quelli pane e pallone da una vita. Per davvero, perché ha solo quello in testa. “Ho giocato fino ai 24 anni, poi ho smesso. Ero considerato una promessa ma al massimo avevo giocato nei dilettanti, in quarta serie, e non mi andava più”, racconta Paolo Indiani. Che ora di anni ne ha 62 e pensa ancora al calcio, allenatore da quando ne aveva 25. Quasi quaranta anni di carriera, la panchina preferita alla “scrivania da impiegato comunale che avrei fatto per tutta la vita”. Diploma in ragioneria, laurea in promozioni. Anche nei dilettanti sì, perché in panchina c’è più gusto che da giocatore. Un guru per tanti, nato e cresciuto a Certaldo come Spalletti che “abita a pochi metri da casa mia e vedo spesso”. Sacchiano convinto, però. “Come tutti quelli della mia generazione, perché lui ha rivoluzionato il calcio italiano”. Classe 1954: allena da 37 anni, l’ultimo amore è il Pontedera. Nella sua Toscana. Per la sua terra (“e per la famiglia”) ha rinunciato a tanto, e rinuncerebbe ancora “anche se adesso sono cresciuti e potrebbero anche fare a meno del loro patriarca”, scherza Indiani. Toscano vero col sorriso e la battuta sempre pronta, anche se in campo è un’altra cosa. I tre punti nel derby contro il Prato “ci volevano, un bella boccata di ossigeno” per un Pontedera che ha raccolto in Serie D e l’ha portato fino alla Lega Pro. E non importa se adesso il momento non è dei migliori, “possono succedere anche anni come questo per società come il Pontedera che in quattro anni ha sempre fatto classifiche onorevoli e che ha lanciato tanti giovani, siamo un bene per il calcio italiano” sottolinea Indiani. Doppia promozione con i toscani, prima dell’unificazione di Prima e Seconda Divisione. Un copione che si ripete per tutta la sua carriera. Due vittorie in Eccellenza, dove nel ’90 porta anche il suo Certaldo in D. Poi il volo della Rondinella che nel ’99 arriva nei professionisti e l’impresa con la Massese che in due anni passa dalla D alla C1 (“la parentesi di cui sono più orgoglioso”). Nel mezzo, anche uno scudetto Dilettanti. Quell’impresa gli vale la prima vera grande chiamata di una carriera a cui mancava (e manca) un acuto, perché il Perugia lo sceglie per la Serie B nell’estate del 2008. Si sederà in panchina solo per una partita (vinta), poi la società fallisce e lui se ne va. Resta “l’unico rimpianto della mia carriera, perché da lì avrei potuto arrivare a fare grandi cose anche più in alto”, confessa Indiani. A cui i rimpianti non piacciono, ma ammette “un pizzico di delusione per quello che sarebbe potuto essere e che non ho raccolto”.
Toscano 100% anche in panchina, perché prima degli umbri l’unica squadra allenata fuori dalla sua terra era il Crotone (con cui ha sfiorato una promozione in B fermandosi ai playoff). In tutti i suoi progetti “mi immedesimo”, pure a Pontedera era ed è convinto che “possiamo competere con tutti”. Maestro, oltre che allenatore. Perché poi i suoi giocatori lo seguono in panchina. Fiasconi è stato con lui sette anni ed oggi lo sfida con il Tuttocuoio in Lega Pro, Semplici (“che poteva fare molto di più da calciatore”) è stato il suo pilastro per 8 anni e adesso ha messo le ali alla Spal in B. Lui dice che non pensava di fare l’allenatore, ma Indiani… “ero convinto, ma proprio tanto”. In 37 anni di carriera però di giocatori ne vedi eccome… l’orgoglio di Indiani? “Arrighini, preso da nemmeno titolare in Serie D ha fatto tantissimi gol nei due anni con me a Pontedera. Ed oggi continua a segnare anche in B”. Al “caso” non attribuisce niente, “per me non esiste”. Meglio il lavoro e le idee per Indiani, che tiene subito a sottolineare l’età della sua rosa: “Contro la Cremonese avevamo 88 anni in meno in totale, contro il Prato 66. Capito?”. Chiaro e tondo. Con Indiani poi meglio andare d’accordo, “perché a volte vado fuori dalle righe, ma rientro subito nei limiti eh”. Toscano doc, che a 62 va ancora a correre tutti i giorni. Corsa, e palestra. Agli Appennini preferisce di gran lunga il mare della costa livornese. A tavola mangia tutto, ma non è esigente. Lo è in campo, anche se sa che “la salvezza del Pontedera quest’anno varrebbe come un ennesimo campionato vinto”. E detto da lui, allenatore vincente, c’è da credergli. Toscano al 100%, pane, pallone e… concretezza.