"Mi sono emozionato, ho visto l'allenatore, il campione che raggiunge un obiettivo importante. Gattuso ha meritato una gioia come la vittoria della Coppa Italia, prima di tutto come uomo e poi sicuramente per il percorso tecnico". Marco Degennaro, oggi direttore generale del Sion, è stato il primo ad aver creduto nella possibilità che Rino Gattuso avesse un futuro da allenatore, tanto da convincerlo ad accettare il passaggio dal campo alla panchina in 24 ore. Da calciatore a player-manager, nella calma apparente del Canton Vallese.
DAGLI SCARPINI ALLA PANCHINA: QUEL POMERIGGIO DI FINE FEBBRAIO 2013
Lo ha fatto nel campionato svizzero sette anni fa, quando Degennaro era ds e l'ex centrocampista del Milan aveva scelto la Svizzera per provare una nuova avventura professionale dopo l'addio ai rossoneri. A fine febbraio il Sion quarto in classifica a -9 dal Grasshoppers capolista decide di cambiare: in panchina ecco Ringhio, affiancato da Arno Rossini. "In Svizzera c'è una certa frequenza al cambio di allenatore. Non stavamo andando benissimo e chiedemmo a Rino se se la sentiva di prendere in mano la squadra", racconta Degennaro, ricordando una scelta presa in asse con il presidente Christian Constantin. “C'era un buon rapporto di fiducia e collaborazione e riuscimmo a convincerlo l'impatto con la squadra fu molto positivo, perché questa capacità, di sviluppare subito empatia fa parte di Rino". Che rispose "obbedisco" e iniziò una nuova vita: da player-manager, affiancato da Gigi Riccio, che lo ha seguito anche a Napoli. "Nel festeggiare, nel vedere l'intensità dell'abbraccio con Gigi Riccio in tv - racconta Degennaro - che abbiamo avuto al Sion, ha fatto percepire ulteriormente il valore umano di questi mesi di lavoro. Questo è lui, poi come allenatore si cresce. Ma la persona è sempre la stessa".
"CHE FATICA L'ESONERO..."
"Il suo primo dubbio è stato: sto giocando, finchè faccio il giocatore faccio il giocatore, poi posso iniziare da allenatore - è il racconto del dirigente, italiano di radici e svizzero d'adozione - era stato questo l'impatto iniziale. Ma era già un allenatore in campo, un leader nello spogliatoio. Quando hai queste caratteristiche ben marcate, che tornano, le trasmetti direttamente in panchina in maniera quasi automatica". Poi il cambio di rotta. La prima volta di Gattuso sulla panchina del Sion è datata 27 febbraio 2013: Coppa di Svizzera, vittoria per 2-0 contro il Losanna e pass per le semifinali. "Giocammo molto bene, resta un rimpianto", spiega Degennaro. Sarà la tappa d'avvio di un percorso fatto di 2 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte in campionato da allenatore, unito a 27 presenze in campionato e 5 nella coppa nazionale da centrocampista. Numeri di un Ringhio 35enne, sollevato dall'incarico a inizio maggio.
A dargli la notizia fu ancora Degennaro, che oggi del Sion è direttore generale. "Comunicargli l'addio alla panchina è stata una delle peggiori giornate lavorative della mia vita: è stata una violenza contro me stesso, lui ha compreso e ha accettato. La squadra era però tutta con lui, come è sempre successo". Sin dai primi passi in Svizzera: "Era nato tutto come una battuta - le parole di Degennaro - con il presidente stavamo disegnando la nuova squadra e, ragionando sul centrocampo, pensai che ci sarebbe servito un giocatore come Gattuso. Ci abbiamo provato: prima il suo agente Andrea D’Amico ci aveva escluso la possibilità, poi abbiamo organizzato un incontro e tra Rino e il presidente è scoccata una scintilla".
"L'APPARTENENZA PRIMA DEGLI SCHEMI: ECCO LA GRANDEZZA DI RINO"
Scintilla: quella sempre mostrata con gli scarpini ai piedi, quella viva in panchina. Che si tratti di essere allenatore o meglio "padrino del regime di auto-gestione" come lo definì il vulcanico Constantin, del Sion, o di passare per Creta, Palermo e Pisa prima di tornare al Milan dalla porta principale, Gattuso è rimasto "unico". Degennaro non ha dubbi: "Qui ho visto tanti allenatori, credo 35-40 in nove anni, tra i 3 e i 4 all'anno. Questo mi ha permesso di vederne tanti, vale come esperienza. Uso un aggettivo: Rino è di un altro mondo. Senza voler togliere nulla agli altri, nell'approccio è unico. Lui è sempre in campo, coinvolge tutti nel progetto ed è il primo a crederci. Lo fa in maniera vera, diretta". Senza badare ai numeri sulla lavagna tattica, ma alla sostanza: "Lui è molto bravo a giocarsi questo ruolo ed è bravo a vincere delle scommesse", sottolinea Degennaro. Gli uomini prima degli schemi: "A lui è piaciuto da subito Edmilson Fernandes, che poi è stato alla Fiorentina. Era giovanissimo, lo faceva allenare con noi. Quando arrivò alla guida della squadra non la stravolse, diede identità e appartenenza. Usava il 4-4-2, con tanto di ripartenze letali. E rilanciò il terzino-goleador Vanczak, che era stato messo da parte dal precedente allenatore".
Poche mosse ma efficaci: le stesse che ha messo in campo a Napoli, fino a sollevare la Coppa. "Oggi serve essere concreti, pragmatici, far giocare alla squadra il calcio più efficace e adatto al materiale a disposizione. E in questo Gattuso è eccellente. Poi sembra quasi che gli tocchi dimostrare tutte le volte che è bravo, che è capace, fa parte del suo carattere. Ma non ha paura. Glielo ricordo ancora oggi che ci sentiamo". Capita spesso: "Ci vediamo con enorme piacere e quando raggiunge un risultato il messaggio c'è sempre, anche mercoledì sera gli ho scritto. Quando vede che cambiamo l'allenatore, l'elemento più ricorrente da noi, è lui a mandare un messaggio". Senza dimenticare il posto in cui tutto ha avuto il via. Dallo Stade Tourbillon allo stadio Olimpico, dai 33mila abitanti di Sion al calore di Napoli. Restando sempre Rino Gattuso.