Capelli rossi al vento, pizzetto lungo e una chitarra sempre in spalla. Più che un calciatore, una vera e propria icona degli anni ’90. Impossibile dimenticare Alexi Lalas, primo americano a giocare in Serie A. Sbarcò a Padova dopo essersi messo in luce nel mondiale giocato in casa.
Centrale difensivo di 192 centimetri, tecnica approssimativa e un cuore grande come il suo Michigan. O come la sua simpatia, non sempre gradita ai vicini di casa. Un giorno gli mandarono i carabinieri a casa, disturbati dai rumori provenienti dal garage. Le forze dell’ordine intervennero e trovarono questo spilungone che giocava come un bambino usando la saracinesca come porta. Ogni tiro, un urlo con telecronaca annessa.
La voce del resto non gli è mai mancata. Quando si presentò in Italia, era già il frontman dei Ginger, una band con cui ha girato il mondo e inciso 5 album. Un musicista prestato al pallone. O viceversa. Di sicuro, Alexi è sempre stato uomo di grandi passioni. Spesso totalmente fuori dagli schemi. Una su tutte, l’hobby di costruire enormi stadi di sabbia. Eterno Peter Pan, tutt’altro che uno sprovveduto.
Il rosso del Michigan ha sempre continuato a frequentare gli stadi veri. Calciatore fino al 2003, poi dirigente e commentatore televisivo negli anni successivi. Oggi, a 47 anni, ha deciso di intraprendere una nuova strada: l’arbitro. Da qualche giorno ha infatti ottenuto la licenza per dirigere le gare dei campionati professionistici americani. Il look stravagante di una volta non c’è più. Capello in ordine, barba rasata, stessi occhi vivi degli anni ’90. Fischietto in bocca, che ogni tanto magari userà come l’armonica di Springsteen, suo eterno riferimento musicale.
A Padova lo ricordano, stranezze a parte, per un gol contro il Milan di Capello che valse la prima vittoria contro i rossoneri a 60 anni dall’ultima volta. Un gigante, una sorta di hippie fuori dal tempo che per due stagioni, più la prima della seconda - chiusa con una retrocessione amara – divertì il pubblico veneto. A volte lo vedevano camminare a piedi scalzi verso casa, di ritorno dall’allenamento. Aveva le sue regole e i suoi tempi. Non è mai cambiato, in fondo. Nel 2014 si è laureato alla Rutgers University. Ci ha messo 26 anni. “Una fatica immensa, ma dovevo dare il buon esempio ai miei figli. Se inizi una cosa, devi finirla”, disse col tocco ancora in testa.
A Padova, città universitaria dal 1222, apprezzarono. L’America venne scoperta quasi tre secoli dopo. Loro invece scoprirono Alexi nell’estate del ’94. Aveva una camicia di flanella e fischiettava. Quello che farà dalla prossima estate, abbigliamento a parte. Ieri rompeva le regole, adesso dovrà farle rispettare. Sempre col piglio leggero di un gigante col cuore buono e l’anima rock.