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Milan, Rebic: “Ho sfruttato la mia occasione. Ibra? C’è bisogno di lui”

A gennaio era tornato a Francoforte per vendere la sua casa, qualcuno però aveva già pensato che avesse nostalgia della Germania. Lì dove fino a pochi mesi prima aveva fatto tanto bene. Al Milan era cambiato tutto: giocava poco e male, poi con Pioli la svolta. Ante Rebic ha cambiato volto e ora è uno dei leader della squadra. 


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Ha segnato 10 gol in 15 partite dallo scorso gennaio, non si ferma più: “Ci sono due Rebic. Nel privato sono molto tranquillo, un po’ chiuso perché non mi piace che si parli tanto di me. In campo c’è un altro Ante, che rompe le scatole a tutti”, ha detto l’attaccante croato in un’intervista rilasciata a Sport Week. 

Personalità da vendere, anche nelle dichiarazioni: “Nella partita vinta contro la Juve, a un certo punto ho detto qualcosa a Higuain. Non mi piacciono quelli come lui che, grandi e grossi, a ogni contatto restano a terra per tre minuti. Idem Bernardeschi. Lo stesso era successo con la Spal. Anche Ibra prende un sacco di botte ma si rialza subito e senza un lamento. altri piangono troppo”. 

"A Szczesny ho risposto in un altro modo"


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Poi il retroscena: “Dico qualcosa a Higuain e Szczesny mi fa: “Perdi 2-0, non fare il fenomeno”. Non gli rispondo. Normalmente avrei replicato, perché un’altra cosa che non mi piace è quando mi sottovalutano. Ma stavolta non ho aperto bocca. A Szczesny ho risposto in un altro modo (col goal del 4-2). Questa è la mia forza nella testa: chi mi attacca, mi carica". 

Il Milan è stata la seconda tappa italiana di Rebic, la prima la Fiorentina, dopo è arrivato Rangnick a portarlo in Germania: “Avevo fatto bene al mondiale in Brasile, così lui, che era a capo della divisione calcistica della Red Bull, chiama il mio procuratore e gli dice che mi vuole. Viene apposta a Firenze: “Benvenuto alla Red Bull. Scegli: vuoi giocare nel Salisburgo o nel Lipsia?”. Scelgo il Lipsia: era nella seconda divisione, ma il progetto che mi illustro Rangnick era importante, e i fatti gli hanno dato ragione”. 

Con Ibra si trova a meraviglia: “C’è bisogno di lui. Ibra è un leader – ammette – Prima della Juve ci diceva: “Farò vedere agli juventini come si gioca al calcio”. Era il suo modo per caricarci. Anche Begovic, Kjaer… Giocatori maturi che sanno come calmarti o spronarti”. 

L’intervista completa su Sport Week in edicola oggi  


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