Come vincere l'Europa League. Anzi, di più: come diventare la migliore squadra d'Europa. Il piano è uno solo: alzare la Champions League. Club 'piccolo', ambizioni grandi. Ma l'Ostersunds di limiti non se ne vuole porre. Verso l'infinito e oltre, più o meno. Nessun vaneggiamento, pensieri reali, obiettivi posti seriamente. Daniel Kindberg, il presidente che ha risollevato nel 2010 il club svedese dalla quarta serie, infatti ha pochi dubbi: “Adesso abbiamo un bilancio annuale di 5,5 milioni, a 6,5 vinceremo il campionato. Quando sarà di 50 milioni all'anno vinceremo la Champions League, non ci sono dubbi a riguardo. Nessun club ci è mai riuscito prima, noi ce la faremo se manterremo quel bilancio per 3 anni. Succederà. Al 100 per cento”.
Sembra pura fantasia, un esercizio dialettico di fantacalcio applicato al tanto piccolo quanto ambizioso club che con la vittoria della Coppa di Svezia la scorsa stagione ha potuto accedere all'Europa League. Però Kindberg un miracolo già l'ha fatto con il suo Ostersunds (e la vittoria di ieri per 2-0 in trasferta contro lo Zorya nell'esordio in Europa League è solo l'ultimo tassello per ora). L'ha ripreso dalla quarta serie, quando erano rimasti solo due giocatori, un impiegato part-time e un budget di 300mila euro per il club che sembrava destinato a scomparire. Invece no. Anzi, la rinascita è partita proprio da lì, da quello che sembrava un punto di non ritorno. Ora l'Ostersunds è in Europa League (sogna sempre la Champions), ha un nuovo stadio in erba artificiale da 9mila posti e un allenatore che ha cambiato volto e filosofia alla squadra. E pensare che quando Graham Potter è arrivato in Svezia nell'impianto casalingo non si vedevano mai più di 800 tifosi sugli spalti nell'omonima cittadina a 300 miglia a nordovest di Stoccolma. “Possiamo vincere l'Europa League. Assolutamente”. Per Kindberg (ex comandante dell'esercito e tenente colonnello, in servizio tra Bosnia e Congo tra gli anni '90 e i primi anni 2000) 'partecipare' non esiste e in un'intervista ad ESPN su questo punto non ha mai ceduto. “Sai qual è la differenza? Non devi sperare, devi credere”. Tutti sull'attenti, con quel caratterino. Quel temperamento però che serviva e che l'ha riportato nel calcio, chiamato da chi (come lui alla fine) voleva risollevare l'Ostersunds: “Non mi piace la negatività e il combattere per cose futili. Queste invece erano cose normali nel calcio: uomini bianchi, eterosessuali e potenti che si odiano e si incolpano a vicenda per questo o per quello. A un certo punto ne ho avuto abbastanza. Poi un giorno ero a casa e hanno bussato alla mia porta. I giocatori mi hanno chiesto di tornare”.
E da lì, il sodalizio con Potter, quell'Englishman ex calciatore che poi si è messo a studiare, ha conseguito una laurea e poi un master, all'Università di Leeds, in leadership ed intelligenza emozionale. “Non solo un allenatore, probabilmente è il miglior uomo che abbia mai incontrato in vita mia”. Investitura. Sarà per come gestisce la squadra, per come l'ha fatta rinascere. O anche per i suoi metodi. Anticonvenzionale, probabilmente. Uno per cui il gruppo è tutto, il rapporto tra i giocatori e l'intesa tra gli stessi è tutto. In campo e fuori. Anche… a teatro. Sì, perché parte della sua 'missione', o del suo metodo, è coniugare la felicità di corpo e mente. Insomma, un progetto artistico che sfocia in uno spettacolo di fine anno. Due anni fa la squadra fu protagonista di una rappresentazione del 'Lago dei Cigni' di Čajkovskij, per fare un esempio… Quale metodo per fare gruppo come nessun altro club al mondo? Il campo per provare a vestire i panni di 'ammazza-grandi' in Europa, il teatro per fare da collante di un gruppo eterogeneo in cui spicca Brwa Nouri, centrocampista 'recuperato' proprio dal 'metodo Potter'. Basti pensare che questo classe '87 a 19 anni era in carcere con le accuse di spaccio, rapina e risse ed ora è un punto fermo dell'Ostersunds, ex 'piccola svedese' con ambizioni da grande e con giocatori che ballano, recitano e cantano.