“Non siamo una favola, abbiamo meritato di essere al Mondiale e ce la giocheremo. Chi dubita di noi non ci conosce abbastanza”. Parola di dentista, ehm, di allenatore. Del Ct dell’Islanda Heimir Hallgrimsson che ieri presentava in conferenza stampa “la partita più importante della storia dell’Islanda”, ovvero il debutto di questa nazionale con un che di mistico alla fase finale di un Campionato del Mondo. Ma come si fa a dire che una favola non lo siano, come non ci si può meravigliare leggendo la storia di chi oggi, con un gol e un rigore parato, ha fermato non un avversario qualsiasi, ma l’Argentina di Messi? Sono passati due anni dall’exploit di Euro 2016: in quell’occasione, per la prima volta, il grande pubblico entrò in contatto non solo con una squadra tosta, arcigna, fisica ma non rudimentale, con i suoi (basilari ma efficaci) principi di gioco; ma con un popolo intero, sempre percepito come lontano fisicamente e idealmente, un po’ per i fatti propri. Due anni fa vennero scritti fiumi d’inchiostro su come un paese con poco più di 330.000 abitanti fosse arrivato ad avere una nazionale competitiva. Non staremo qui a ripeterci, perché se conoscete un po’ il calcio sapete già che non esistono favole o miracoli casuali.
Esistono però storie dai tratti quasi inverosimili, oggi esplose nello stadio di Mosca che ha ospitato Argentina-Islanda terminata 1-1, con gol di Aguero Sergio e Finnbogason Alfred, con un rigore sbagliato da Messi Lionel anzi parato da Halldorsson Thor. E ci perdonerà Leo, se la storia in questione oggi non riguarda quel triste, misterioso e maledetto filo che sembra legarlo alla maglia della sua nazione (ma ha tutto un Mondiale per reciderlo). Ci perdonerà se oggi parleremo di un regista (di film e videoclip, non di centrocampo) che gli ha parato un rigore e di un ragazzone che anni fa venne in erasmus in Sardegna e che oggi è l’autore del primo gol ai Mondiali nella storia dell’Islanda.
Già, che viaggio quello di Alfred Finnbogason. L’origine del suo cognome ve la spieghiamo qui, adesso ci interessa l’origine della sua traiettoria che oggi tocca la vetta più alta: dalle giovanili del Fjolnir, squadra della periferia di Rejkavik che si allena nei pressi di una di quelle piscine islandesi all’aperto, passando dalla Scozia e dalla Sardegna: era il 2006, quando ancora studente liceale venne a Sassari per uno scambio interculturale e cominciò a giocare (segnando, segnando e segnando) per la Torres. “Un po’ timido e riservato, un po’ come noi sardi. Ma un ragazzo bravo ed educato, lo accompagnavo tre volte a settimana agli allenamenti”, dice di lui la mamma della famiglia che lo ha ospitato. La sua carriera è un girovagare continuo: Helsingborg, Lokeren, Heerenveen: è in Olanda, con Van Basten come allenatore, che vive il suo momento migliore, 59 gol in 70 presenze. È pronto al grande salto, in uno dei top campionati europei. Il salto avviene, perché “il figlio di Finnbogi” viene acquistato nel 2015 dalla Real Sociedad per 8 milioni. È qui, però, che si rompe qualcosa: Alfred non segna più, gioca ancora meno e viene mandato in prestito all’Olympiacos. Proprio a cavallo di Euro 2016 vive il periodo più buio della carriera, ecco perché durante la rassegna in Francia lui in realtà è poco più che una comparsa. Cosa è successo, allora, in questi due anni? Semplicemente, Finnbogason ha saputo “rinascere” all’Augsburg, dove ha finalmente trovato la sua dimensione. Nell’ultima stagione ha segnato 12 gol e fornito 3 assist, conquistandosi il ruolo di attaccante titolare in Nazionale. E facendo esultare, oggi, anche una famiglia di Sassari.
E se Finnbogason vince il premio di miglior attore protagonista, quello di miglior regista è assegnato per distacco. A Thor Halldorsson, che dell’Islanda è il portiere, ma che fino qualche anno fa girava videoclip, documentari, film. E sapeva farlo. Halldorsson nasce nel 1984, quindi non è più giovanissimo. Ma la sua carriera da calciatore comincia solo nel 2007, sebbene questa fosse la sua aspirazione sin da piccolo. Poi però, un brutto infortunio alla spalla all’età di 15 anni lo costringe a cambiare sogno. Quasi per caso, dopo la realizzazione di un cortometraggio a scuola, scopre di avere talento anche con la macchina da presa. È suo, ad esempio, il videoclip del brano che rappresenta l’Islanda all’Eurovision nel 2012. Allora perché, oggi, lo abbiamo visto parare un rigore a Leo Messi? Perché nel 2007 Thor, sovrappeso, decide di rimettersi in forma. È un caso poi, questo sì, che un suo amico lo chiami a giocare come portiere nella Serie C islandese (!). Riparte da lì, Thor. Oggi è il terzo portiere con più presenze con la maglia dell’Islanda, ha parato un rigore decisivo a chi è in missione per vincerlo, questo Mondiale. E soprattutto ha tenuto in vita il sogno di passare il turno dell’Islanda, alla ua prima partecipazione. Oggi gli islandesi erano in 40.000 a Mosca, più del 10% della popolazione. Andateglielo a spiegare che hanno assistito a una partita di calcio e non ad un film...