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Data: 16/10/2017 -

"Lui, i pianti e le chiavi di Formello". Strakosha story: "Arrivava al campo prima dei magazzinieri!"

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Dietrologia di un lavoratore: “Thomas arrivava prima dei magazzinieri! Aspettava da solo, davanti ai cancelli del campo. Poi palestra, allenamento, pranzo…”. E dopo? “Allenamento coi compagni, poi di nuovo in palestra”. A letto presto: “Alle 8 già dormiva”. E sveglia all'alba: "Alle 9 di mattina era già in campo". Carattere&testa: “Era così anche durante le cene coi compagni, l’allenatore e lo staff”. La chiarezza prima di tutto: “Mister, io vengo… ma alle 8 vado via perché devo allenarmi”. Meticoloso e attento. Perché la differenza la fanno i dettagli. Thomas lo sapeva 5 anni e fa e lo sa anche adesso. Tasto “rewind”. E’ il 2012, la Lazio prende in prova un 17enne come tanti, ancora ragazzino, alla prima esperienza lontano da casa: “Aveva buone doti fisiche, ma grandi difficoltà dal punto di vista tecnico ed emotivo”. Estraneo al contesto: “Per il ds Tare era come un figlio, mi disse di valutarlo molto bene. Era amico di suo padre”. Solo Thomas, al tempo: “C’era anche un po’ di scetticismo…”. Ora Strakosha, numero uno ed eroe dell'Allianz. Tutti zitti: “E’ il capolavoro della Lazio e di Inzaghi, ma anche di Grigioni, preparatore dei portieri”. Dietro le quinte di un rigore parato a Dybala al 97esimo. Perché la storia di Thomas Strakosha è l’emblema del “non mollare mai” e noi ve la raccontiamo in esclusiva, su Gianlucadimarzio.com. Il tutto tramite le parole di Christian Ferrante, il suo primo allenatore in Italia ai tempi della Lazio Primavera: “L’ho avuto per due anni!”. E lo ricorda così, tra curiosità e retroscena, col sorriso di chi non dimenticherà mai.


STAKANOVISTA DEL PALLONE


Per aspera ad astra: “E’ andata proprio così, la sua abnegazione ha fatto la differenza”. All’inizio è stato difficile però: “Alla fine del periodo di prova ne parlai con Tare e decidemmo di tenerlo, nonostante avessimo portieri di livello”. Strakosha finalmente alla Lazio, Ferrante svela il perché di quella scelta: “Era un lavoratore incredibile, è questo che mi ha convinto a prenderlo. Aveva voglia di dimostrare a sé stesso e al padre di poter arrivare lontano. L'unico mezzo che conosceva era quello di lavorare”. Stakanovista del pallone: “Viveva a Formello e arrivava al campo prima di tutti, tant’è che dopo un po’ gli abbiamo dato le chiavi per potersi allenare da solo”. Solito iter: “Con me si allenava un paio d’ore la mattina, non andava a scuola come gli altri, quindi stavamo in campo. E dopo l’allenamento coi compagni diceva sempre la stessa cosa…”. Ovvero? “Ancora mister, ancora!”. Un disco rotto a fin di bene: “Si allenava per otto ore al giorno perché aveva fame di arrivare, uno così andava preso per forza!”. L'esordio non arriva però: “Il primo anno fece fatica, non giocò per 4-5 mesi. Poi l’abbiamo messo in campo anche per capire i suoi progressi”. Quei dettagli che fanno la differenza: “Ogni sera andava a letto presto perché la mattina doveva essere pronto". I sogni costano fatica.


IT'S A LONG WAY TO THE TOP



Quanta strada prima dello Scudetto con Bollini del 2013. O della Coppa Italia con Simone Inzaghi da titolare fisso: “Ricordo gli esordi in Primavera, quanto scetticismo”. Ma il lavoro paga: “Thomas è stato costruito, abbiamo lavorato sulla fiducia che aveva in sé stesso. E ai primi errori piangeva, si disperava, viveva malissimo ogni minimo sbaglio”. Questione di carattere: “Lui è così, un introverso. Uno talmente meticoloso che ora conosce tutto dei suoi avversari". Pure di Dybala: "Ha studiato come calciava i rigori". Punto di forza importante? “L’umiltà! E' merito della famiglia, suo padre è un mito in Albania (Fotaq, anche lui portiere ndr). Poteva essere un peso, ma è diventata la sua migliore qualità. Ora è un giocatore completo”. It’s a long way to the top: “Inzaghi è stato bravissimo a farlo diventare un leader, lui l’ha ripagato diventando affidabile e vincendo trofei. Poi è andato a Salerno e ha avuto qualche difficoltà di ambientamento, è tornato il primo Thomas”. Quello timido, introverso: “E’ uno che ha bisogno di tempo per inserirsi, alla Lazio è stato così. Tare lo conosce bene, l’hanno inserito in rosa gradualmente e ora è diventato un top. La sua forza è la tranquillità”. Concentrazione massima: “In partita è sempre lucido, vedi la parata di ieri su Higuain…”. Christian sorride e ricorda, oggi è a caccia di alcuni Strakosha da allenare ma il suo Thomas resta unico: “Per lui sono stato come un padre, la mattina eravamo da soli. Io e lui. Aveva voglia di emergere, di stupire, di arrivare. Siamo rimasti legati, per lui sono come un padre. E’ davvero un esempio per tutti”. Soprattutto per Inzaghi, che ha forgiato un portiere affidabile di appena 22 anni. E pensare che arrivò in prova, 5 anni fa, lontano da casa, rinunciando alle cene coi compagni perché "la mattina doveva allenarsi". Oggi è titolare. Oggi se la ride. Oggi, forse, può arrivare anche dopo i magazzinieri.



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