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Data: 16/12/2017 -

La Fatal Verona del ’90 e le confessioni di Lo Bello: “Fui tradito. Dieci anni di gogna per l’isteria del Milan”

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Van Basten che butta la maglia, la rabbia di Sacchi vicino al tunnel degli spogliatoi, il gol di Pellegrini che chiude i conti. Fotogrammi di un Verona-Milan di 27 anni fa. La partita che assegnò il titolo al Napoli di Maradona. Fatal Verona, per la seconda volta nella storia rossonera, dopo lo scudetto perso all’ultima giornata al Bentegodi nel 1973. Due tricolori persi sullo stesso campo, giusto quelli che mancano per appuntare la seconda stella sulla maglia. E anche oggi che quei successi sembrano un miraggio, le cicatrici e i ricordi restano. Per il tifoso milanista, la sconfitta del 1990 avrà sempre un nome e un cognome: Rosario Lo Bello, l’arbitro che in quei 90 minuti espulse 3 giocatori rossoneri e Arrigo Sacchi.

“Ho vissuto dieci anni di gogna mediatica per quell’incontro, ma la verità è che sono stato tradito dall’isteria collettiva dei rossoneri. Poche settimane prima li avevo diretti a Lecce senza alcun problema”, attacca Lo Bello al microfono di gianlucadimarzio.com. “Sacchi dall’inizio della partita era nervosissimo. Forse iniziava a soffrire il mal di panchina”. Lo Bello lo allontana dopo un’ora di gioco, con il Milan in vantaggio grazie a una rete firmata da Marco Simone. “Mi diceva di tutto, non potevo fare diversamente”. Una manciata di minuti dopo arriva il pareggio di Sotomayor. Lo stadio è una bolgia: il Verona si gioca la salvezza, che le sfuggirà a Cesena nella giornata successiva. A Bologna invece, Careca e compagni stanno passeggiando. A inizio giornata c’erano due squadre a 47 punti, pronte a giocarsi uno spareggio. Sembrava un destino scritto. Sembrava soltanto, però.


LE 3 ESPULSIONI

Fischiai un fallo a metà campo contro Van Basten e l’olandese si tolse la maglia buttandola a terra. Un comportamento inconcepibile per un campione come lui e una mancanza di rispetto che ho vissuto come un tradimento”. Van Basten si era lamentato per un rigore non dato qualche minuto prima. Il secondo episodio sospetto in area veronese, dopo un intervento dubbio su Massaro. “Anche se avessi avuto la Var, forse, ma dico forse, sarei andato solo a rivedere l’episodio di Massaro. Su Van Basten sono sicurissimo”. Lo Bello cita nel dettaglio gli episodi. Chissà quante volte li ha rivisti alla moviola della sua mente. Istanti che lo hanno segnato, senza fargli perdere lo spirito. “Un arbitro decide in un nanosecondo, ossia quell’attimo che al semaforo separa la luce verde dal clacson dell’auto alle tue spalle. Bisogna anche avere fortuna a volte”.

Poi torna serio e ricorda la seconda espulsione. “Rijkaard sputò un paio di volte nella mia direzione. La seconda mi prese su una scarpa, dandomi anche della gran testa di c… La gara si era accesa e durante la navigazione perigliosa, l’arbitro non deve perdere la bussola. Non potevo chiudere un occhio”. Un paio di mesi dopo, l’olandese avrebbe ripetuto quel gesto su Rudi Voeller al mondiale.

Dopo il cartellino rosso a Rijkaard, il Milan cerca un ultimo assalto disperato in nove. Attacca disordinatamente e si espone all’ultimo colpo letale. Davide Pellegrini trafigge Pazzagli con un pallonetto beffardo. Manca un minuto, resta solo il tempo per un’altra espulsione. “Costacurta disse che eravamo dei disonesti. Si lamentava per un fuorigioco inesistente. Capivo il suo dispiacere, ma dovevo applicare il regolamento”.


IL DOPO PARTITA

Triplice fischio. Il Milan va negli spogliatoi a testa bassa. Anche Lo Bello raggiunge il suo. E una volta dentro, una delegazione rossonera si presenta per chiedere spiegazioni. “Vennero Galliani, il team manager Ramaccioni e Gianni Letta che all’epoca faceva il dirigente. Raccontai cos’era successo in campo. Galliani si scusò a nome della società. Poi però cambiarono rapidamente linea…”.

Nelle ore successive, la tensione sale. Berlusconi nel post partita rilascia una dichiarazione che dosa ironia e veleno. “In questo fine settimana abbiamo avuto una sentenza esemplare e un arbitraggio ugualmente esemplare”. La sentenza a cui fa riferimento è lo 0-2 a tavolino in favore del Napoli per la monetina che colpì Alemao a Bergamo sul risultato di parità. Saranno due punti decisivi per vincere il titolo.

È un Milan ferito e spossato dagli impegni europei. Un gol del compianto Stefano Borgonovo aveva regalato in settimana la finale di Coppa Campioni. Lo scudetto perso però brucia.

Rivera, in campo a Verona nel ’73, commenta augurandosi che “Lo Bello abbia solo figlie femmine”. Una battuta per ricordare Concetto, leggendario padre di Rosario, che lo squalificò al termine di un discusso Lazio-Milan. Una gara che precedeva di qualche settimana l’altra fatal Verona. “C’è un Gianni e un Rivera. In quell’occasione venne fuori Rivera, ma ho sempre avuto grande stima nei suoi confronti. In quella partita mio padre annullò un gol a Chiarugi e cacciò Nereo Rocco. Il cognome Lo Bello da allora suscitava tensione nel Milan e Gussoni, il designatore nel ‘90, forse avrebbe fatto meglio ad evitare di mandarmi a Verona”.

Anche se, a dirla tutta, nell’88 era stato proprio il fischietto siracusano a dirigere il Napoli-Milan che assegnò lo scudetto ai rossoneri. “I giornali mi diedero 8,5. Fu un capolavoro. Samaranch, presidente del Cio, disse che ero stato il migliore in campo. La dipinsi quella partita. E non come fanno oggi con quelle inutili bombolette per le barriere…”.

Uscito dal Bentegodi, Lo Bello, chiuso in una camera, ascolta in tv l’attacco nei suoi confronti di Omar Sivori alla Domenica Sportiva. “Denigrava me per colpire mio padre che una volta gli aveva dato sei giornate di squalifica. Fu l’inizio di un brutto periodo. Fui lasciato solo. Nessuno, a parte la mia famiglia, mi stava vicino. Nessuno mi ha teso una mano, neanche Gussoni”.

In seguito a quella trasmissione, Concetto minacciò querele contro Sivori per difendere il nome della famiglia Lo Bello. Alla fine ci furono solo processi televisivi. Rosario smise di arbitrare nel ’92, senza più incrociare il Milan.

LO BELLO OGGI

Riposto il fischietto da un quarto di secolo, Lo Bello ha continuato a seguire lo sport, soprattutto a Siracusa, città che suo padre ha anche amministrato da sindaco. Oggi ha 72 anni, si occupa di assicurazioni e di preservare la memoria di Concetto. Non parlategli di Var o di bombolette spray. “Io andavo sul campo il giorno prima della gara e prendevo i miei riferimenti. Questi supporti tolgono autorevolezza. Se si vuole oggettività assoluta, mica possiamo affidarci al giudizio di un uomo. Salvo solo la goal line technology. Quella sì, preserva la giustizia e lo spettacolo”.

Ha una moglie che lo ha aiutato a esaudire le speranze di Rivera. Due figlie femmine, “ma attenzione perché c’è un nipotino a cui è stato aggiunto il cognome Lo Bello. Ed è nato il 18 agosto”. Sì, lo stesso giorno di Rivera.

Perché la storia, che sia fatale o meno, resta sempre ciclica.



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