Sabato 7 aprile, stadio Tardini. Da pochi minuti il Parma ha battuto il Frosinone 2-0. Un uomo di 28 anni e un bambino sorridono in mezzo al terreno di gioco. Camminano mano per mano verso la curva. Hanno lo stesso cognome, ritratto lessicale della loro felicità: Di Gaudio. L’uomo si chiama Antonio, sulle spalle ha il numero 20 e quella partita l’ha decisa con una doppietta. Il bambino è Emanuel, suo figlio. Antonio lo alza sulle spalle e insieme a lui raccoglie l’ovazione della sua gente. Pochi anni fa il Parma spariva dal calcio, oggi si ritrova a lottare per tornare in Paradiso. Meno due dal secondo posto, otto giornate alla fine. Da vivere tutte d’un fiato.
“E da affrontare con lo spirito delle ultime partite”, attacca Totò al microfono di gianlucadimarzio.com. “Siamo consapevoli della nostra forza e soprattutto siamo un gruppo vero: l’immagine di sabato scorso più bella è la reazione della panchina ai gol. Tutti in campo a fare festa, anche chi gioca meno”. La strada giusta per arrivare in serie A, un traguardo atteso a inizio anno che sembrava sbriciolarsi dopo il poker subito a Empoli. Sono passati due mesi da quella gara. Nelle otto partite successive, i ragazzi di Aversa hanno raccolto 19 punti. Un balzo dall’ottavo al quarto posto. A metà febbraio c’era chi temeva di non fare i playoff, oggi c’è chi sogna di non doverli giocare. “Dobbiamo restare umili e giocare queste otto finali, una dopo l’altra”. La prima è domani col Cittadella, un’avversaria diretta. “Sfida tosta. Sono sempre un osso duro”. Le altre saranno quasi tutte con squadre in lotta per salvarsi. “Peggio, perché nel girone di ritorno chi lotta per sopravvivere fa sempre più punti. Ora però, c’è solo il Cittadella. Pensiamo partita per partita. Inutile guardare ai punti persi o a chi affronteremo. Abbiamo un sogno da realizzare, non importa chi c’è davanti”.
Risalire, parola d’ordine del Parma. Musica nuova in una città che ha il palato fine e fame di centralità. Patria di Giuseppe Verdi e Arturo Toscanini, direttori d’orchestra come Roberto d’Aversa. Non è salito sul palco del Teatro Regio ma su quello del Tardini 16 mesi fa. L’hanno scelto per guidare un gruppo che prendeva troppe stecche. Bacchetta in mano, ha ottenuto la promozione in B e adesso insegue una categoria mai esplorata prima. “Mi trovo molto bene con lui. Rispetto al passato, gioco più vicino alla porta. Attaccante esterno del 4-3-3, c’è tanto da correre dietro ma anche molte possibilità di togliersi soddisfazioni”. Quattro esultanze da inizio stagione, sempre allo stesso modo: braccia incrociate, corpo immobile e sguardo fisso ai suoi tifosi. “Non è una citazione di Mark Bresciano, ma semplice ammirazione per la nostra curva. È bellissimo segnare là sotto. Per questo mi fermo a godermi la sua grandezza, il suo movimento, i suoi colori”.
una vita passata a Carpi. Dal 2010 al 2017, dalla C2 alla serie A. Un gruppo di amici diventati grandi insieme. “Abbiamo ancora un gruppo whatsapp: soprattutto con Letizia, Bianco, Sabbione, Gagliolo che ho ritrovato anche qui, abbiamo condiviso spogliatoio, tantissime gioie e qualche dolore. Venivamo dal niente e siamo arrivati in serie A”. Risalite, come un ciclista, come il Parma. Come Totò, cresciuto per le strade di Palermo, pallone tra i piedi, dall’alba al tramonto. Gli inizi alla Ribolla, squadra di un altro Totò. Quello delle notti magiche e degli occhi spiritati. Da Schillaci alle giovanili del Palermo, inseguendo un sogno trasformato in incubo nell’estate del 2007. “Mi dissero che ero troppo piccolo e che non potevo più giocare con loro. Mi ritrovai su un muretto a piangere con il mister che mi ha cresciuto, Salvatore Zammitti. Gli giurai che avrei fatto almeno un minuto in serie A”.
Ci è arrivato, dopo una carriera fatta di curve e salite, ripartendo da Castelfranco in Emilia. Tre stagioni fra i dilettanti, finché un giorno Cristiano Giuntoli, all’epoca ds del Carpi, scopre il suo talento. Dribbling e doppi passi, sul destino e sui difensori. Promozioni su promozioni, fino all’apoteosi: il primo gol nel massimo campionato all’esordio in casa contro l’Inter. 30 agosto del 2015, minuto 81. Molto più di “almeno un minuto”.
“Voglio tornare a riprendermi quella categoria e voglio farlo con questo gruppo”. Magari - storceranno il naso gli appassionati di musica classica parmensi - ascoltando i pezzi di Raffaello, cantante neomelodico napoletano. “Una grande passione che condivido con Vacca e Mazzocchi. Facciamo pure i video in spogliatoio, mentre il resto della squadra ci dileggia. Il mio pezzo preferito? ‘Vivo di te’, senza dubbio”.
Una canzone d’amore che Antonio dedica a Maria, la sua metà. C’è sempre stata, da Palermo alle periferie emiliane. Oggi si godono il successo e la crescita di Emanuel. Ha solo due anni e mezzo. Prima che arrivi a tre, potrebbe arrivare un papà in serie A. Magari sulle sue spalle, tra qualche giornata, potrebbe già vederla all’orizzonte. Perché anche sotto il metro e settanta, si può guardare lontano.