Una lunga carriera da calciatore suddivisa tra poca Serie B (solo 15 gettoni) e tanta serie C: Cristiano Giaretta, direttore sportivo dell’Udinese dal 2013, ha guadagnato la Serie A, invece, grazie al mercato. Che storia la sua: nel corso della stagione 1986/87 subisce un grave infortunio che ne pregiudica il passaggio alla Sampdoria di Mantovani. Un trasferimento che per l’ex difensore avrebbe voluto dire “Serie A”. Chi di mercato perisce…di mercato agisce perché, terminata la carriera da calciatore, inizia a lavorare da direttore sportivo nel 2006: dalla Pro Sesto all’Udinese, passando per l’esperienza di Novara. Contattato da GianlucaDiMarzio.com in occasione dei cinque anni di attività del sito, Giaretta ha fatto il punto sul ruolo del direttore sportivo e sulla sua esperienza degli ultimi cinque anni tra le operazioni più importanti, in entrata e in uscita: “Fare il direttore sportivo significa avere delle grandissime responsabilità, soprattutto dal punto di vista finanziario e di bilancio.
Oggi il direttore sportivo non può guardare assolutamente ed esclusivamente alla parte tecnica ma ha la necessità di dare un occhio e mezzo al bilancio per cercare di non far accadere alcune cose che sono successe negli ultimi anni. L’ultimo esempio più clamoroso è stato quello di Parma ma bisogna sempre avere coscienza nelle operazioni e fare le cose mantenendo sempre un profilo sempre equilibrato. Quindi non bisogna staccarsi da aspetti tecnici per andare a gestire chissà quanti soldi per aver paura che i risultati non arrivino. Dobbiamo essere certi di quello che vediamo, andare a prendere giocatori bravi ma non dobbiamo superare gli eccessi o aver paura di perdere giocatori perché crediamo che non ci sono, in realtà ce ne sono tanti. Io credo che la figura di direttore sportivo vada formata anche in questo senso, non solamente dal punto di vista tecnico, dove possiamo tutti indovinare o sbagliare. Io non vedo che ci siano direttori sportivi più bravi di altri. Dobbiamo però avere un occhio al bilancio e non fare operazioni azzardate, perché credo che i bilanci delle società siano oggi la cosa prioritaria”.
Il cambiamento del mercato in questi ultimi cinque anni? “Il cambiamento c’è stato nel momento in cui sono venute a mancare le compartecipazioni: tenere in comproprietà un giocatore era una possibilità importante soprattutto per il mercato di gennaio, che permetteva comunque di vedere e di fare alcuni movimenti, in quel senso il mercato havissuto un momento storico di cambiamento. Per quanto riguarda il resto, i trasferimenti più o meno importanti, credo forse che nell’ultima estate abbiamo migliorato un pochino nel senso che abbiamo cominciato a rivedere dei campioni di un certo livello, cosa che prima era un po' calata”.
Le cinque operazioni più importanti? “A Udine sicuramente le cessioni di Pereyra alla Juventus il primo anno e quella di Allan al Napoli nella scorsa estate: due operazioni molto importanti. Sulle entrate, invece, il più importante resta l’arrivo di Andrija Balic, un ragazzo classe ’97 che ha sicuramente un futuro importante. Poi tra le altre quella di Ali Adnan, il primo giocatore iracheno nella nostra Serie A: un trasferimento importante, storico e affascinante. A Novara, invece, ricordo con piacere le operazioni nella sessione di gennaio 2013 dove prima del mercato stavamo vivendo un girone di andata veramente molto difficile. Poi così mi è piaciuta l’intuizione a livello personale di prendere Seferovic dalla Fiorentina che era un giocatore sicuramente giovane ma ai margini della stessa società, comunque un attaccante che doveva ancora farsi le ossa. Quindi noi ci siamo rinforzati con un giovane che ancora non aveva fatto praticamente nulla (sette presenze e zero gol in maglia viola) e avevamo assoluto bisogno di mettere a posto una classifica che si era fatta veramente molto difficile e, a fronte di tanti attaccanti che giravano, con nomi altisonanti, esperti e con molti gol alle spalle, ho voluto rischiare con Seferovic che è stata un’operazione perfetta perché poi a fine campionato siamo arrivati al quinto posto in campionato e ci siamo giocati la semifinale di accesso per la serie A contro l’Empoli. Haris aveva fatto dieci gol in diciotto partite. Era stato veramente un trattore incredibile e da lì lo stesso Seferovic ha spiccato poi il volo per lidi molto importanti”.
Il mercato degli ultimi cinque anni? “Credo che il nostro mercato si stia un po' alzando nel senso che noi ds siamo tornati a prendere dei giocatori importanti e quindi ora stiamo investendo un pochino di più sul mercato. Chiaro è che non potrà mai essere più il mercato di una volta, di dieci anni fa, quello assolutamente no. Però io credo che a un certo punto si sia anche esagerato e poi tante situazioni anche precarie vanno come vanno e non va bene. Invece io credo che dobbiamo essere noi, direttori sportivi, ad avere sempre un equilibrio nelle nostre operazioni e avere le capacità di individuare dei talenti senza dover andare a spendere dei soldi impossibili. Il direttore deve essere accerchiato oggi da una rete di scout importanti soprattutto di alto livello perché il ruolo del direttore sportivo è molto immerso nella quotidianità della squadra.
Infine, Giaretta ha ricordato con piacere un aneddoto di mercato che riguarda Udinese e Torino: “Mi viene in mente quello dell’ultima sessione delle buste, ovvero quello dell’ultimo giorno di mercato di qualche anno fa, quando c’è stata una lunghissima trattativa per definire la compartecipazione di Vitor Barreto. C’è stata una trattativa dove cercavamo tutti di appropriarsi dell’intero cartellino del giocatore. Insomma alla fine il mio presidente ha spiazzato pure me perché nella busta il Torino aveva messo dentro una cifra importante, mentre noi avevamo messo dentro zero. Un lungo giorno di trattativa ma avevamo già in mente fin dall’inizio che le cose sarebbero andate così. Alla fine è stato un piccolo tranello per il Torino. Una cosa simpatica”.
di Eligio Galeone