Quattro anni fa ci lasciava Franco Mancini. Un malore improvviso, di quelli non preventivabili: di quelli che, probabilmente, bruciano anche di più.
Mancini si trovava a Pescara, in un percorso poi che vide quella squadra - allenata da Zeman - andare in Serie A. Era la stagione 2011/12 e sotto gli occhi di Franco, c'era gente come Verratti, Insigne, Immobile. Dopo l'allenamento saluta e va casa, poi il malore gli stronca la vita. Una pagina nera e triste, indeledbile se vogliamo. Indelebile come l'inchiostro con cui Mancini ha scritto pagine importanti della sua carriera: Napoli, Bari, Lazio e nel mezzo due parentesi al Foggia piuttosto lunghe e importanti. Ed è proprio all'ombra di Zeman che la sua luce inizia a splendere.
Era "il Foggia dei miracoli", il cui discepolo del gol si chiamava Ciccio Baiano che, in esclusiva a Gianlucadimarzio.com, ci racconta la sua specialissima amicizia con Franco, partendo con un aneddoto decisamente rock: "Mi veniva a prendere con la macchina, mi faceva sedere per ascoltare e cantare Bob Marley. Era totalmente fissato. "O Bob o scendi dalla macchina", mi ripeteva. Non vedevo l'ora di arrivare all'allenamento, piuttosto che continuare ad ascoltare il reggae. Poi però, ammetto che ha iniziato a piacermi. D'altronde Franco era una persona travolgente".
Già, travolgente. Una di quelle persone capace di sconvolgere i cuori di tantissime persone. La Curva nord dello stadio Zaccheria di Foggia - ad esempio - è intitolata proprio a lui, in segno di stima ed amicizia eterna. Già, amicizia. La stessa che c'era con Baiano: "Ho perso un amico vero. Non voglio essere banale, ma effettivamente eravamo molto di più di semplici compagni di squadra. Era un amico fantastico con cui ho passato momenti eccezionali nella nostra Foggia".
Parava tanto, parlava poco Mancini. Non amava farlo, ma quando lo faceva, eravamo tutti in silenzio ad ascoltarlo: "Era uno dei senatori dello spogliatoio. Poche volte le cose ci sono andate male in quell'avventura, ma i momenti difficili arrivano per tutti. Ed è proprio in quei periodi che si faceva sentire: alt! Parla Franco. Tutti zitti, pronti ad annuire. Era uno degli uomini di Zeman. Forse perché viveva di calcio.
Zeman, coordinatore di spettacolo in un parco a tema, chiamato Zemanlandia. Tutti si divertivano, a volte uscendo anche dagli schemi: "Dicevo sempre a Franco che aveva sbagliato ruolo. Doveva fare il libero, non il portiere. A volte mi giravo e lo vedevo altissimo, come lo voleva l'allenatore. Un rischio eh, a volte ci si incazzava o si tremava, ma lui era fatto così. Una garanzia però, non ha mai perso palla".
Non ha mai perso palle pericolose, non ha mai perso il sorriso: "Era una persona diversa dalle altre, riusciva a mettere tutti d'accordo. Manca a me e a manca al nostro calcio". Di certo non mancherà il suo sorriso in paradiso. E nemmeno il reggae.