“Avevo percepito già in settimana che c'era la possibilità che stavolta toccasse a me. Poi venerdì, dopo la rifinitura, ho visto il mio nome sulla lavagna e ho capito. Ho passato la notte della vigilia a pensare solo a quello che avrei dovuto fare in campo. Non ho detto neanche ai miei che avrei giocato, non volevo ulteriori pressioni. Lo hanno scoperto dalla tv”. Per Alessandro Celli, terzino classe 94, sono i giorni della svolta nella propria carriera; pure a Vercelli mancava Rubin, il padrone di casa della corsia sinistra del quartetto difensivo del Foggia, ma stavolta Stroppa non ha adattato nessuno. Lo ha buttato nella mischia nella partita più delicata della stagione. “Prima della gara non mi ha detto nulla, ma alla fine, il suo ceffone sulla nuca nello spogliatoio è stato il certificato della prova superata. E poi, il mister voleva scherzare sul fatto che avessi avuto avuto i crampi alla fine. Avevo speso tantissimo, pensate che nell'intervallo continuavo a correre anche nei corridoi dello spogliatoio. Ero come in trance agonistica”. E' timido all'inverosimile Celli, uno di quelli che l'esigente piazza di Foggia ha elogiato al termine della sua prima in rossonero. “A Cesena ero in panchina, e vedevo quattromila tifosi nostri in trasferta. Non possono non tremarti le gambe a Foggia da questo punto di vista, se non sei abituato. Io ho fatto tutta la trafila, dall'Eccellenza in su, con la maglia della Lupa Roma. Stessa professionalità, ma zero pubblico. Spesso, sugli spalti, erano i nostri parenti e amici che provavano a spingerci. Finora è stata quella la mia dimensione”. Cita Christian suo fratello, e si emoziona. “Perché, come Elisa, la mia fidanzata che ha deciso di seguirmi a Foggia in quest'avventura, lui è stato fondamentale in momenti delicatissimi per la mia vita, prima ancora che per la mia carriera. Devo molto anche ad Alberto Cerrai, ll presidente della Lupa Roma, che ha reso quell'ambiente sempre un porto sicuro nel quale tornare. Anche dopo qualche esperienza negativa”. Il suo idolo è Marcelo, Celli è “romano de' Roma”. E' di Testaccio, ma chiarisce subito: “Sono del quartiere romanista per antonomasia, ma non tifo né Roma, né Lazio. Vivo talmente tanto intensamente il mio lavoro che tengo solo alle squadre per le quali gioco”. Il Foggia lo cercò già a gennaio scorso, ma non se ne fece più nulla per l'esosa richiesta della società che deteneva il suo cartellino: “Ma già in quel periodo, quando mi dissero che Beppe Colucci e Beppe Di Bari si erano interessati a me non stavo nella pelle. E, quando a Coverciano, in occasioni dei raduni della rappresentative nazionali di Lega Pro, conobbi Francesco Deli, attuale mio compagno di squadra e mio concittadino, lui già mi parlava di un'esperienza fantastica”. L'affare si fece solo in estate, però, complice la retrocessione della sua Lupa nei dilettanti. “Mi svincolai e firmai per il Foggia. In ritiro, spesso, temevo di non essere all'altezza di quei ritmi, del modo di giocare, di un impianto preesistente all'interno del quale, non lo nego, finivo per sbagliare spesso. Ma lì, gente come il capitano Agnelli o Antonio (Vacca, ndr) mi stavano vicino, parlandomi quotidianamente, rassicurandomi sul fatto che sarebbe arrivato anche il mio momento”. Insomma, Vercelli ha restituito il forte sospetto che Beppe Di Bari abbia azzeccato il colpo e che, in quel ruolo, il Foggia abbia un'alternativa concreta. “Il direttore me lo diceva sempre- racconta Celli- Mi ripeteva di avermi scelto perché conosceva il mio potenziale e sapeva che, prima o poi, avrei potuto essere utile e fare la mia parte. Il titolare è Rubin, col quale ho un ottimo rapporto. Faccio tesoro dei suoi consigli, voglio farmi trovare pronto”. Già da sabato contro la Cremonese, magari. Perché pare che lo Zaccheria gli stia preparando un posto a sinistra. Anche a costo di non farlo dormire la notte prima.
Antonio Di Donna