La luce dell’alba si è da poco affacciata tra le calli. Lì, in quell’angolo un po’ nascosto, si è fermato un ragazzo danese. Lo sguardo si proietta verso l’orizzonte indefinito del mare di Venezia che, per i suoi (non) confini, è un po’ la ‘città del domani’. “Vedi a me piace passeggiare per le vie della città la mattina presto oppure la sera, quando è tranquilla e senza turisti. È un posto speciale, spero di rimanerci a lungo”, racconta con un tono pacato e tranquillo Christian Gytkjaer ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Dopo l’allenamento la squadra ha da poco finito il pranzo, perché i grandi percorsi si costruiscono anche nell’unione fuori dal campo. “Eccomi, ci sono. Mamma mia quanto sono lenti in banca…”, afferma sorridendo il vichingo danese.
A Monza arrivò dopo una chiamata tra Filippo Antonelli e Adriano Galliani. È proprio il ds, dopo averlo portato in Brianza, lo ha voluto fortemente. E partita dopo partita si comprende il motivo. Doppietta contro l’Ascoli, primo posto insieme al Parma e voglia di sognare. “Qui ci sono un progetto importante e un gruppo forte, ma bisogna pensare partita dopo partita”. Step by step, come la storia di Christian. Arrivato da pochi mesi, Gytkjaer parla già da leader. Questa è la sua essenza. Un viaggio per l’Europa che lo ha portato in Italia, il suo “posto al sole”. In lui si intrecciano la fame passionale e la compostezza e l’educazione nordica. Un gentleman dallo sguardo glaciale. L’istinto dell’attaccante. Con Venezia l’incontro perfetto nel momento giusto. Capiremo il perché. “Avanti, sempre”. E noi lo seguiamo. L’equilibrio step by step di Christian Gytkjaer.
Incontrarsi
“Ho scelto Venezia per il progetto della società. E poi ero stato qui qualche giorno in vacanza e mi ero innamorato della città, un posto incredibile”. E poi il ruolo fondamentale del ds Antonelli: “Ho parlato molto con lui. Il direttore mi aveva già portato a Monza”. Un legame importante: “Avevo diverse offerte, la sua chiamata è stata fondamentale”. Chi lo conosce ne parla come un ragazzo perfetto per Venezia. “Educato, corretto, professionale. Saluta sempre tutti, comportamenti impeccabili. Un ragazzo che fa bene allo spogliatoio”. Positivo ed equilibrato. Lavoro, professionalità, carisma e lucidità. Un leader capace di essere guida rispettata e osservata. Nel sorriso regalato, nella parola detta e negli intelligenti silenzi.
E in fondo l’attaccante danese rappresenta un po’ Venezia e il Venezia. Lui nel suo essere internazionale e figlio del “viaggio” si concilia con quella città del domani che affascina per il suo essere aperta al nuovo e all’incontro. E poi la piena sintonia con un club ambizioso, ma che fonda la sua crescita nella programmazione e in una razionale umiltà. “Qui si sta bene”.
Mentalità
“Un ragazzo di spessore e un grande professionista. Averlo portato qui è un punto di partenza per costruire una mentalità vincente”. Così lo presentò il ds Antonelli. E nelle trame della voce del danese si percepisce proprio quella mentalità. Sentendo parlare Gytkjaer si ha la sensazione di una persona consapevole. Consapevole di chi è, di cosa vuole e di cosa serva per ottenerlo. “Io voglio vincere sempre, questa è la mia impostazione. Siamo una squadra forte, molto internazionale, ma la Serie B è una maratona. Non dirò nulla fino a marzo, vedremo dove saremo. Ora siamo in un buon momento, andiamo avanti”.
E con la doppietta all’Ascoli sono arrivati i primi gol al Penzo: “Un’emozione farlo davanti ai nostri tifosi”. Anche se per “un attaccante segnare è importante, ma l’obiettivo principale è aiutare la squadra”. Ed è in questa consapevolezza che si può apprezzare la leadership di un giocatore. In prestazioni come quelle di Bari, nelle sue parole e nel essere con e per la squadra.
Scrivere la storia
Suona il telefono del ds Antonelli. A chiamarlo è Adriano Galliani: “Scusi Filippo, lei dov’è?”. “Salve Dottore, sono in Polonia a vedere il capocannoniere del campionato. Me l’hanno segnalato i miei scout”. “È forte?”. “Sì”. “Allora non torni in Italia senza aver chiuso il contratto con lui!”. Intuizioni che cambiano il corso degli avvenimenti. Inizia così l’esperienza italiana di Gytkjaer. Il resto… è storia: “Ho molti ricordi positivi di quell’esperienza”.
Entrare nella storia di una società e scriverne le pagine più significative. I gol nei playoff che hanno regalato la prima storica promozione e il gol alla Juventus nella prima vittoria in A: “Immagini indimenticabili”. Gli scherzi con Balotelli e Boateng e, soprattuto, il ricordo di Berlusconi e Galliani: “Sono stati fonte di ispirazione. Venivano spesso alle partite e non mollavano mai”. Uno il monito: “Avanti sempre”. “Sono stati incredibili, non hanno mai perso la voglia di vincere. Non è un caso se hanno vinto tanto in passato, sapevano esattamente cosa servisse per farlo, sapevano come motivarci e spingerci verso la vittoria”.
Il senso del viaggio
Danimarca, Norvegia, Germania, Polonia. Un figlio del nord forgiato dalle esperienze. Un viaggio che parte dalla sua terra danese: “Sono cresciuto in un piccolo paese chiamato.. Poi cercalo su Google (ride ndr). Con mio fratello giocavamo sempre a calcio in giardino. Eravamo molto competitivi”. La carriera poi prosegue in altri paesi: “Ho giocato in diversi campionati”. Una la stella polare: “Lavorare step by step, ogni volta. Non ho mai pensato troppo al futuro. Ho girato l’Europa vivendo tante esperienze significative, come quella al Lech Poznan. Una stagione importante che mi ha permesso di arrivare in Italia”.
Si sa, ogni posto ci insegna qualcosa. E Gytkjaer ne è l’espressione più coerente. Nella maturità raggiunta, nell’equilibrio che vive nelle sue parole e nel suo essere, nel suo fare e vivere internazionale. La sua è la storia di un ragazzo la cui maturazione è avvenuta in modo graduale, nel rispetto del tempo e dei tempi, coltivando l’arte dell’attesa. Ogni traguardo è arrivato nel momento giusto. Giusto per la sua crescita, come l’arrivo a Venezia. “Ho imparato a vedere le cose in modo diverso. Una maturità maggiore con cui analizzare e affrontare le situazioni”.
Essere Gytkjaer
E realizzare i sogni insegna a… sognare. Sognare con il suo Venezia, portando semplicemente il suo essere Christian Gytkjaer. “Sono una persona ‘easy’. Ora che sono padre sono ancora più tranquillo. Passo il tempo con mia moglie e mia figlia.
Sorrido sempre, sono un ragazzo positivo che vuole dare leggerezza a chi lo circonda”. Con quel legame profondo con il calcio: “Insieme alla famiglia rappresenta la mia vita”. “I love football”, semplice. Nella sua voce costante la sensazione di equilibrio e serenità. Conquiste e consapevolezze raggiunte nel suo viaggio. In lui si riflettono i significati del leader. Un leader nato per essere decisivo. Ah, prima di andare… Ma ha in mente qualche taglio di capelli particolare in caso di un sogno realizzato? “Per ora nulla, prima di conoscere mia moglie ero più pazzo. Ora mi sono calmato (ride ndr)”.
Sono bastati pochi mesi. Gytkjaer e Venezia si sono incontrati, guardati, innamorati. Ha imparato a conoscerne sfumature e prospettive. Ora è tempo di immergersi una volta ancora tra le calli della città, cullate nella luce dell’alba e le ombre della sera. “Avanti sempre”. L’orizzonte si riempie del canto del Penzo. “Con il numero 9, Christian Gytkjaer”. Essere leader.