ASCESA E CADUTA
Fondi, investimenti, bei giocatori, successi, tifosi in estasi. Poi il declino totale per entrambi. Dnipro e Metalist hanno storie molto simili, ma quest'ultimi hanno pagato di più le conseguenze della guerra. Quasi umiliati. In pratica: oggi c'è un Metalist 1925 Kharkiv che gioca in terza serie ed è anche secondo in classifica, ma in realtà non c’entra assolutamente nulla col vecchio club. Società nuova, creata da zero nel 2016, ha ripreso solo il nome della città. Il “vecchio” Metalist è di proprietà dello stato, non gioca in nessun campionato professionistico e non si hanno più notizie del suo ex patron, Serhiy Kurchenko. Vicino ai filorussi e all’ex presidente Yanukovich (leggi qui), è fuggito in Russia lasciando il Metalist allo sbando. E’ indagato per appropriazione indebita ed evasione fiscale. Gomez sintetizzò al meglio la situazione-Kharkiv con un’intervista: “Qui la gente gira coi mitra”. Oggi il Metalist Stadium è la casa dello Shakhtar, che a Donetsk non più tornare (la Donbass Arena è stata danneggiata dai bombardamenti). La geografia del pallone è cambiata all'improvviso. E il Dnipro? Un pizzico meglio, ma nemmeno troppo. Igor Kolomoisky – a differenza di Kurchenko - era un sostenitore di EuroMaidan e proprietario di PrivatBank. Patrimonio stimato? 1,5 miliardi di dollari, tant’è che in pochi anni sono arrivati Kalinic, Konoplyanka e compagnia. Scoppia la guerra, finiscono i fondi. Kolomoisky decide di finanziare le truppe di contrasto ai filorussi e chiude i rubinetti. Amen. Prima l’esclusione dall’Europa per la violazione del Fair Play Finanziario, poi le penalizzazioni, la retrocessione sul campo e il fallimento per bancarotta. Dicevano: “Il club di un popolo, il giocattolo di uno solo”. Quello di Igor Kolomoisky, tutt’ora proprietario (!). Oggi il Dnipro gioca in terza serie ed è a metà classifica. Un ricordo infelice della squadra che fu.