Sono passati quasi sette mesi da quando Roberto Fabbricini, 73 anni, è stato voluto da Giovanni Malagò - seppur temporaneamente - a capo della FIGC nel ruolo di Commissario Straordinario. Era il primo febbraio 2018 e, in questi mesi, Fabbricini ha avuto modo di conoscere, valutare e farsi un’idea in merito ai temi principali che affliggono il calcio italiano. Intervistato dal Corriere dello Sport, il commissario ha spiegato quali sarebbero, a suo parere, le soluzioni ideali per sanare il mondo del pallone, nonché alcuni retroscena legati agli avvenimenti degli ultimi mesi.
Innanzitutto, la Serie B: da 22 a 19 squadre, nessun ripescaggio e l’ira delle principali candidate al ritorno in B scatenatasi contro la FIGC: “C’erano due delibere della Lega, nonché diciannove lettere nelle quali mi si chiedeva di evitare di ripescare squadre retrocesse sul campo o comunque non promosse - spiega Fabbricini -. Il metodo adottato è stato anomalo, non lo metto in dubbio, ma io non ho mai nascosto di essere favorevole ad una riduzione del numero di squadre nelle principali categorie del nostro calcio. Con una Serie A a 18 e una B a 20, le cose funzionerebbero meglio”.
Le principali questioni che affliggono la FIGC sono legato all’impossibilità di trovare un punto d’incontro che vada bene alle singoli componenti del calcio italiano: “Serve una riforma, questo è evidente. Il calcio italiano se vuole sopravvivere, se vuole crescere, deve cambiare. E qualcuno dovrà rinunciare a qualcosa per il bene di tutti. Con l’Assemblea del 22 ottobre spero di ottenere una modifica dell’attuale sistema, che comprenda anche una rivoluzione del consiglio federale. Confido nel limite dei tre mandati: soggetti come Lotito, Tommasi e Olivieri diverranno ineleggibili - spiega Fabbricini.
Nessun problema, però, con loro: “Ho un rapporto personale eccellente con ognuno di loro, ma mi sento davvero tirato da tutte le parti. Da Gravina a Sibilia, anche con lo stesso Tommasi. Il loro atteggiamento è comprensibile, ognuno pensa al proprio orto. Ma è l’ora che capiscano che, indietreggiando di cinque centimetri loro, faremmo tutti un passo avanti lungo un chilometro. Bisogna riconoscere anche a livello istituzionale la potenza della Serie A: è il campionato trainante, non ci si può legare così fortemente alle realtà elettorali. Siamo così sicuri che il restante 73% rappresenti per davvero tutte le altre leghe?”
Un tema più attuale che mai è quello del sistema di giustizia sportiva e del suo funzionamento: “I tempi sono drammatici, incompatibili con il mondo del pallone. Tanti gradi di giudizio, tanti passaggi evitabili. Si passa dalla giustizia sportiva prima a quella ordinaria poi, e così non va. Bisogna trovare una nuova soluzione”.
Quanto alla Nazionale, Fabbricini è soddisfatto di Mancini: “E’ la figura ideale per il nuovo corso degli azzurri. E’ competente, ha esperienza a livello internazionale e aveva tantissima voglia di sedere sulla panchina dell’Italia. Unico difetto: non è molto loquace. Risponde a monosillabi!”. Una comunicazione che non avrà fatto piacere al ct, sarà probabilmente stata l’impossibilità di avere nel suo staff Andrea Pirlo: “Vi spiego cosa è successo - commenta Fabbricini -. Pirlo e Ambrosini erano due personaggi sani, estremamente rappresentativi per la nostra Nazionale, che avevamo deciso di portare all’interno del gruppo. Quando si è passati a parlare del contratto, però, abbiamo scoperto che Pirlo aveva già un accordo con Sky. Per quanto restiamo assolutamente convinti che un suo ritorno nel gruppo azzurro garantirebbe benefici a tutti, come avremmo fatto a vederlo in tv mentre giudicava un “suo” giocatore? La situazione si sarebbe fatta imbarazzante. Il giorno in cui sparirà questo conflitto di interessi, le nostre porte, per lui, resteranno sempre aperte”.
L'intervista completa sul Corriere dello Sport