Ricordi amari di Champions League. Queste le sensazioni di chi ha visto sorteggiare il Napoli con l’Arsenal. Fu un girone paradossale, con gli azzurri allora guidati da Rafa Benitez che con 12 punti non riuscirono a qualificarsi per la differenza reti. Da allora, sono passati sei anni e le ambizioni sono cambiate: in Europa League sono due serie candidate per la vittoria del torneo, che si affrontano ai quarti di finale. Si assisterà dunque a una finale anticipata a tutti gli effetti.
Le due facce dell’Arsenal
I Gunners sono quarti in Premier League, in piena lotta per blindare un posto nella prossima Champions. Se da un lato l’enorme potenziale offensivo è in grado di produrre 63 reti, risultando il terzo miglior attacco del campionato, dall’altro le 39 subite li rendono la 7^ difesa del torneo.
Il poco equilibrio nelle due fasi di gioco è confermato dal percorso nella fase ad eliminazione diretta dell’Europa League, dove l’Arsenal ha perso sia col Bate Borisov sia col Rennes quando ha giocato in trasferta, per poi ribaltare con un secco 3-0 entrambe le sconfitte rimediate. Il Napoli in questo dovrà essere più bravo e imparare dalla brutta prestazione di Salisburgo che è comunque valsa la qualificazione.
La creatura di Emery
Alla guida dell’Arsenal c’è Unai Emery, l’uomo investito dell’enorme responsabilità di guidare i biancorossi nella transizione in una nuova epoca, quella successiva all’addio di Arsene Wenger. Ma soprattutto si parla dell’allenatore che insieme a Giovanni Trapattoni detiene il record di vittorie di questa competizione, tre, e che la conosce probabilmente meglio di chiunque altro. A Londra l'aspetto filosofico è stato subito rivoluzionato: meno fraseggio stretto, meno manovra corale, ma un aumento di attenzione alla fisicità e alla verticalità del gioco.
La parte tattica invece si è modificata gradualmente fino ad arrivare alla versione attuale dei Gunners con una difesa a tre che in Inghilterra non si vede spesso. Un 3-4-1-2 con Lacazette e Aubameyang le due bocche di fuoco. A ispirarle c’è Mesut Ozil, perfetta rappresentanza del genio e della sua sregolatezza, un calciatore dello sconfinato talento ma troppo condizionato dal proprio umore. Le prestazioni altalenanti hanno peraltro incrinato il rapporto che ha con l’allenatore, che ad inizio stagione l’aveva addirittura nominato capitano della squadra, prima di revocargli la fascia in favore di Koscielny.