Dieci anni di Sassuolo ‘con due intervalli tra Modena e Verona’ e una scalata ai limiti dell’impensabile, dalla C2 alla Serie A. Eppure se cliccate “Nereo Bonato” su google troverete molto poco: qualche dichiarazione post partita, soprattutto quando le cose andavano male e bisognava metterci la faccia, qualche rumors di mercato. Nulla più. Le parole agli altri, lui preferisce i fatti. “Sono entrato in società contestualmente all’ingresso di Mapei - prima solo sponsor poi verso febbraio 2004 azionista di maggioranza - e da luglio 2004 è partito il nuovo progetto”. Con un format abbastanza chiaro. “La proprietà decideva budget e fissava gli obiettivi stagionali, io ero l’operativo per eccellenza: sceglievo i giocatori, gestivo e coordinavo la parte tecnica nonché la parte gestionale”. Senza dimenticare… “l’attuale presidente Rossi. Sassuolese e rappresentante di Mapei: una persona equilibrata che ha saputo gestire con giudizio anche le situazioni più difficili, una persona importante, sempre presente”. Si ma… quali fatti? Almanacco canta, successi indimenticabili. Pentolone che bolle ancora dall’emozione, Bonato ricorda lucido e scandisce tutto in esclusiva su gianlucadimarzio.com. “Primo anno: play-off di C2, persi. Secondo anno: play-off di C2, vinti. Una pausa al Modena poi al secondo di C1 siamo saliti in B con Allegri in panchina. Quinto anno? Settimi in B con Mandorlini. Poi un’altra pausa a Verona, la mia città…”. Nereo prende fiato. Ma riparte subito. “Con l’Hellas siamo arrivati fino alla finale play-off contro il Pescara ma senza centrare la promozione. Così sono tornato a Sassuolo per completare un processo di crescita ben avviato”. Prima 80 punti e finale play-off persa contro la Samp poi 85 punti e promozione diretta in A. “Di Francesco allenatore. E che attacco: Boakye, Pavoletti, Berardi, Catellani, Troianiello”. Dolci ricordi ormai storia. “Una favola, è vero” mi conferma Nereo. Che poi precisa: “ma con una programmazione alle spalle”.
Il tono non si alza mai, pacato, educato. Lo sguardo è di chi “non sono capace a vendere fumo. Quello che dico, lo faccio”. Domanda (o battuta) che mi sorge spontanea: “Aveva riferito a Squinzi che avrebbe toccato il cielo della Serie A in tot anni?”. Gli strappo un sorriso sincero, orgoglioso. Ma Bonatonon si fa trovare impreparato e sfila dalla tasca un Ipad moderno. “Guarda qui”. Una specie di scalata in… 10 punti, vera e propria guida al successo.
- Un metodo sul mercato. “Mi fido dei miei collaboratori ma… preferisco sempre vedere in prima persona per credere: il giocatore voglio sentirlo mio. Se penso troppo alla fine non lo prendo, se invece lo battezzo praticamente subito allora provo ad acquistarlo in ogni modo. Quando ritengo che un giocatore sia estremamente idoneo al progetto provo a prenderlo anche a mille euro in più. Aspetto chiave? Il lato umano”.
- Budget ‘normale’ e giovani. “Il mio Sassuolo ha avuto una crescita costante e graduale, senza picchi o tonfi. Abbiamo sempre alzato l’asticella, anno dopo anno. E soprattutto non abbiamo mai speso troppo: c’erano sempre altre società che potevano permettersi di più. Decidevamo un budget e quello rimaneva. Abbiamo sempre puntato sui giovani: raramente un giocatore ha fatto toccata e fuga, tranne i pochi prestiti secchi avuti. Se puntavamo su qualcuno poi quel qualcuno restava minimo 3/4 anni".
- No sperpero di risorse. “In 10 anni abbiamo speso circa 35 milioni in entrata. Di questi 35 ne sono rientrati 25 con le sole cessioni di Zaza, Pavoletti e Kurtic dopo lo scorso mercato estivo. Basterebbe mettere sul mercato Berardi, Vrsaljko…”.
- Tre rifondazioni in dieci anni. “La prima iniziale quando abbiamo preso un gruppo di ragazzi provenienti dal Monza, fallito. La seconda dopo il terzo anno di B grazie a numerosi giocatori in scadenza. La terza nell’anno della promozione in A. Quello fu un mercato difficilissimo perché nessuno accettava Sassuolo per timore di una retrocessione immediata. Così prima abbiamo puntato su giovani importanti, con fame: Zaza, Antei, Acerbi. Poi a gennaio abbiamo gettato le basi decisive per la salvezza: Cannavaro, Sansone, Floccari, Biondini, Brighi”.
- Continuità del gruppo. “Oggi giocano 8/11 di quella squadra modellata nel primo anno di A”.
- Esuberi, mai. “Abbiamo sempre gestito al meglio le risorse, senza sprecarle. Studiato i contratti senza che arrivassero al limite della scadenza. Ottimizzato i costi. Che senso ha portarsi dietro degli esuberi per poi essere costretto a fare scambi… inutili? Inserire giocatori non idonei al progetto? Gli esuberi ti vincolano e basta".
- Modulo. “Abbiamo sempre lavorato sul 4/3/3. La mia ricerca di giocatori era finalizzata a quel modulo, tutti gli allenatori si sono dovuti adattare a quel sistema di gioco perché possedevano già una base fertile su cui lavorare”.
- Valorizzazione di allenatori. “Ho sempre cercato allenatori che venissero da una situazione non semplice, che avessero una carica interiore importante. Allegri arrivava da un esonero a Grosseto. Pioli da Piacenza. Di Francesco da Lecce. Poi facevano bene e spiccavano il volo: solo Remondina e Di Francesco sono rimasti più di un anno, Allegri è passato dalla C1 alla A”.
- Valorizzazione del patrimonio Sassuolo. "Zaza, Berardi, Vrsaljko… hanno tutti raddoppiato il loro valore. Quattro sono finiti nel giro della Nazionale nell’arco di due anni: Zaza, Acerbi, Berardi e Sansone”. E non mancano le chicche. “Magnanelli è stato acquistato - il secondo anno - per 7 milioni delle vecchie lire dal Gubbio. Pavoletti è stato preso per 10 mila euro dal Picchi e rivenduto per più di 4 milioni al Genoa. Oltre alla scoperta Berardi…”. Che Bonato racconta: “Fu adocchiato da un nostro allenatore durante un torneo di calcetto estivo ‘vieni a fare un provino per noi?'. Ricordo ancora quando lo vidi in una delle sue prime partitelle, dopo 15/20 minuti dissi al responsabile del settore giovanile ‘questo viene su in Prima’. Poi quando presentai la lista completa della rosa a Di Francesco segnai il nome di Berardi alla fine ‘poi c’è questo, fanne ciò che vuoi, valuta tu’. Alla prima decise di farlo partire titolare”.
- Gestione dei prestiti e crescita dei giocatori. “Ah quanto soffriva Pavoletti! Avrebbe voluto tornare alla base ma noi lo mandavamo in prestito ‘vai a Lanciano che farai bene e diventi un profilo da A, vai a Varese fidati di me’ e lui s’incazzava. Idem Laribi ‘devi andare a Latina’ e lui piangeva perché non ci stava. Però i ragazzi mi hanno sempre ascoltato… e alla fine hanno raggiunto i loro obiettivi”.
E ora il divorzio, con successiva firma con l'Udinese. “Stavano cambiando alcuni equilibri all'interno della società, potevo perdere la mia autonomia, una certa credibilità. Ho preferito mettermi da parte”. Ma tra il Sassuolo e Bonato nessun rancore, solo grande rispetto. “Ci siamo lasciati bene” come una coppia ancora innamorata ma… tutto d’un tratto incompatibile. E se del futuro Nereo non ha certezza, il presente è bello chiaro. Mani in mano proprio no, non fa per lui. “Accresco la mia formazione”. Come? “Miglioro le lingue straniere. Poter parlare, farti capire e comprendere quello che ti dicono è fondamentale”. Poi “studio l’evoluzione dell’economia e della finanza nel calcio perché credo molto nella gestione oculata, nel rendimento economico del club”. Inoltre “osservo dal vivo tutti i campionati, dalle Primavere alla Lega Pro fino alla A. Più una panoramica di D. Analizzo i singoli campionati stranieri, squadra per squadra grazie a WyScout”.Ma non solo. “Completo il tutto con uscite mirate: sono stato in Olanda, Spagna, Francia, Sudamerica. Vedo strutture e metodologie di lavoro” per credere, comparare, maturare, e chissà, un giorno applicare in Italia. A proposito “nel weekend sono volato in Inghilterra…”. Valigia piena di competenza in mano. Lui ride 'quella non è mai abbastanza!'. La voglia di ripartire presto e sul campo è scritta nei suoi occhi, per una nuova favola da scrivere, chissà. E attenzione, perché se lo dice poi... lo fa!